Non mi sembra difficile capire la situazione del nostro Paese. Il popolo italiano super viziato non vuole le industrie e le infrastrutture. Abbiamo i rifiuti da smaltire? Ci pensino i tedeschi e gli olandesi! Dobbiamo produrre energia? Ci pensino i francesi, gli svizzeri, gli sloveni con le loro centrali nucleari! Abbiamo l'eternit sui nostri tetti? Mettiamoli sotto terra. Produciamo reflui chimici pericolosi? Mettiamoli su di una nave e regaliamoli a qualche paese africano. Il debito sale, le industrie chiudono, il prezzo dell'energia va alle stelle, i rifiuti ci sommergono? Mandiamo Berlusconi ad Hammamet e saremo felici con le nostre belle pale eoliche e pannelli fotovoltaici sui tetti. Mio padre era solito ripetere che «col niente si fa niente».
Renato Rovelli
Dagli altri, per la verità, qualcosa copiamo. Per esempio dagl'inglesi l'acronimo Nimby: not in my back yard. Tradotto: non nel mio cortile. Ovvero: sappiamo che questa o quell'opera è necessaria, e dunque che si faccia, ma guai se facendola si pensa d'insediarla dalle nostre parti. La sindrome Nimby non riguarda solo la società politica, anche quella civile. Non è di destra né di di sinistra. Non è nuovista né antiquata. È uno dei marchi dell'italianità. Dimostra la mancanza di coscienza civica, di spirito di cittadinanza, di senso dello Stato. È la plastica (concreta) dimostrazione d'un Paese-non Paese convinto che non far niente, pur nella certezza di dover far tutto, non è una scelta di rinunzia, ma un destino al quale è impedito di sottrarsi. Crediamo fanciullescamente nel governo del fato, anziché nella premiership dei fatti.
Max Lodi
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