Le dimissioni di Papa Benedetto XVI sono state un gesto di grande dignità, coraggio e sensibilità da parte di un protagonista della storia. È significativo come questa scelta sia stata fatta nell'interesse della Chiesa e dei fedeli con la consapevolezza, pur non avendo egli nulla da rimproverarsi, di non essere più idoneo ad adempiere al servizio a cui era stato chiamato. La considerazione seguente è d'obbligo: quando potremo assistere a un gesto di democrazia e coraggio, nell'interesse dello Stato e dei cittadini, da parte di tutti questi politicanti obsoleti che continuano a sbandierare promesse e ciance?
Enzo Noseda
L'addio del Papa è una lezione umana prima che religiosa. Bisogna dar retta all'uomo che c'è in noi oltre a quello che è costretto ad andar fuori di noi e a relazionarsi con gli altri. E se quest'uomo (questa coscienza) ci dice che non ce la fa ad andare avanti, è lecito compiere un passo indietro. Raztinger s'è dimesso non per conservare se stesso, ma perché impedito a riformare gli altri. Avrebbe voluto (vorrebbe) un diverso governo della Chiesa.
Rinunziando al mandato divino denunzia l'impossibilità del mandatario terreno a convincere per il meglio chi mesta e rimesta nel peggio (ah, le umane cose; ah, gli umani cosi). È una avvertimento anche per la politica, naturalmente. Ma la politica, nel suo insieme, non ne trarrà alcun beneficio. Forse accoglierà il monito qualche singolo, restando isolato nella pluralità degl'indifferenti. La politica ha reagito limitandosi a calcolare chi potrebbe avvantaggiarsi e chi no, negli ultimi giorni di campagna elettorale, dalla sofferta ed epocale decisione di Benedetto. Povero Papa nostro, sic transit gloria mundi.
Max Lodi
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