La storia di Nicolò Rusca
Dalla fede al martirio

la vita di Nicolò Rusca fino all'estremo sacrificio. Il suo impegno per ravvivare la fede nella Valle e l'accusa ingiusta che lo portò davanti ai giudici

SONDRIO Nicolò Rusca nacque a Bedano, nell'attuale Canton Ticino allora parte della Diocesi di Como, il 20 aprile 1563, figlio di Giovanni Antonio e di Daria Quadrio che ebbero altri quattro figli. Il futuro beato, primogenito, avrebbe avuto il diritto di portare avanti il patrimonio di famiglia scegliendo di sposarsi.

Maturò invece in lui la vocazione al sacerdozio, così come fu poi anche per i suoi fratelli Bartolomeo, che pure svolse parte del suo ministero a Sondrio, e Luigi. Dopo aver compiuto parte degli studi tra Pavia e Roma, Rusca fu ammesso al Collegio Elvetico di Milano, fondato da San Carlo Borromeo. Al termine degli studi teologici, fu ordinato sacerdote il 23 maggio 1587 e inviato come curato nella parrocchia di Sessa Monteggio, dove rimase per poco più di due anni. Nel 1590 fu, infatti, chiamato a Sondrio, dove i capi-famiglia delle quadre l'avevano eletto come arciprete.

A determinare tale scelta furono probabilmente le raccomandazioni dell'allora prevosto di Tirano, compagno di studi del Rusca, e il fatto che il sacerdote provenisse da un territorio alleato della Confederazione Elvetica.

I sondriesi non volevano scegliere un valtellinese come arciprete, perché sarebbe stato visto dai dominatori come un suddito, né scegliere un prete del comasco poiché il territorio era soggetto al Ducato di Milano, avversario politico delle Leghe Grigie. Giunto in città, Rusca prese possesso della parrocchia l'8 luglio 1591 e, nei quasi trent'anni della sua permanenza, «svolse esemplarmente il ministero», spiega monsignor Saverio Xeres, docente di Storia della Chiesa e profondo conoscitore di Rusca.

Inoltre, secondo quanto richiamava il Concilio di Trento, «la riforma del clero - aggiunge Xeres -, da cui doveva derivare la più generale riforma dell'intera comunità cristiana, trovò in lui un modello di prete "rinnovato".

Non di meno, fervente fu la sua azione a difesa della dottrina cattolica, mediante scritti e dispute, mossa dal desiderio di preservare e ravvivare la fede delle popolazioni della valle».

Rusca si trovò, infatti, a confrontarsi con un territorio dove, grazie anche ai dominatori grigioni, in maggioranza passati alla Riforma, l'adesione al protestantesimo andava diffondendosi. «Se da una parte le fonti documentarie attestano la fermezza e chiarezza di Rusca quanto ai contenuti dottrinali e all'appartenenza ecclesiale - spiega Xeres -, dall'altra emerge anche il suo sincero rispetto verso le persone di diversa fede, talora anche l'amicizia, ad esempio, con il pastore di Sondrio, Scipione Calandrino, con il quale ebbe anche uno scambio di libri».

Tuttavia, la figura del Rusca non era vista di buon occhio da una frangia estrema di aderenti alla Riforma.

In seguito al patto sancito tra i Grigioni e la Spagna nel 1617, alcuni Comuni che avrebbero preferito un'alleanza con Venezia, più accogliente verso la Riforma, si sollevarono in armi e tale iniziativa assunse anche un chiaro connotato confessionale, individuando quali nemici dello Stato sia i sostenitori della Spagna, sia alcuni cattolici più eminenti. Gli insorti istituirono un tribunale speciale che, tra i numerosi casi di violenze, torture e processi sommari, ordinò la cattura e il trasferimento a Thusis di Nicolò Rusca che, tra il 1608 e il 1609 aveva già affrontato due processi, uscendo scagionato dalle accuse.

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1618, l'arciprete fu sequestrato da alcune decine di uomini armati, scesi in città attraverso la Valmalenco, sotto la guida del pastore protestante Marcantonio Alba.Gli emissari del tribunale di Thusis tornarono nei Grigioni con il Rusca legato ad un mulo. Sottoposto ad un processo, riconosciuto poi ingiusto dallo stesso governo delle Tre Leghe, Rusca fu ingiustamente accusato di essere un sobillatore.

Il primo settembre fu processato, affermando sempre di essere innocente. Posto sotto tortura, morì la sera del 4 settembre 1618.

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