Cara provincia
Lunedì 23 Febbraio 2009
La Rai, Bonolis, il canone e i nostri politici
Se la tv di Stato può permettersi compensi così alti, perché non viene abolito il canone?
Ho letto che Paolo Bonolis percepirà un milione di euro (ovviamente netto) per presentare lo "splendido" Festival di Sanremo! Lui non ha avuto alcun problema nell’affermarlo, e questo gli fa onore. Ciò che invece fa un po’ meno onore alla Rai è avergli proposto una cifra del genere! Ora, sicuramente saranno i munifici sponsor a sborsare i soldi per il conduttore. Ma allora, se la tv di Stato può permettersi di (far) pagare un compenso così alto, perché non viene abolito il canone? Questa tecnicamente altro non è che una tassa di possesso: oltre ai soldi per acquistare l’apparecchio, in base a quale logica perversa dobbiamo pagare anche il fatto di possederlo? Avevo già scritto a questo proposito, ma gli ultimi sviluppi mi hanno "costretto" a occuparmene di nuovo.
Francesco Quaranta
La tivù di Stato non può per definizione essere una tivù commerciale. È un servizio pubblico e al pubblico chiede il sostegno finanziario per renderglielo. Non bastandogli, consegna tuttavia uno spazio anche alla pubblicità. I problemi sono due. Il primo: il servizio pubblico non sempre viene svolto come dovrebbe esserlo, manca per esempio (quante volte l’abbiamo scritto in questa rubrica?) un’intera rete Rai dedicata all’informazione, e manca perché è più comodo lottizzare politicamente l’informazione spartendosela su tre reti. Il secondo: la quota di commercialità esonda dagli argini in cui si pensa che dovrebbe rimanere contenuta, e soprattutto la sua presenza viene accompagnata dalla medesima strategia produttiva delle tivù private. E di esse finisce spesso per assumere lo stesso profilo culturale. Sicché possiamo dire che in Italia non vi è una televisione di Stato con una sua precisa anima identitaria, ma vi è un’unica televisione commerciale con numerose reti, alcune delle quali in gestione allo Stato. La contestazione del canone dovrebbe basarsi proprio sul rilievo dell’esistenza di quest’ormai indistinta offerta televisiva, più che sul fatto che una star o l’altra viene strapagata. E la Rai andrebbe richiamata a svolgere per intero il compito assegnatole dalla nascita e cui saprebbe benissimo attendere, come dimostrano alcuni buoni (e a volte ottimi) programmi giornalistici, culturali, scientifici eccetera. I mezzi e le professionalità per moltiplicarli vi sono, manca però la volontà gestionale (e dunque politica) per effettuare l’operazione. Sono le cose che ad ogni tornata elettorale dice chi punta a trasformarsi da gruppo d’opposizione in forza di governo, ma che, quando vi riesce, vien preso da un’inspiegabile debolezza decisionale.
Max Lodi
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