oggi nel calcio vanno di moda i grandi antipatici, soprattutto tra le fila degli allenatori, anche se non ne mancano pure tra i calciatori, con Ibrahimovic su tutti, capace di sparare a zero, nella sua autobiografia, perfino su “san” Guardiola, suo ex allenatore al Barcellona.
Aveva incominciato José Mourinho, l'antipatico per eccellenza, con l'eterno broncetto, le parole smozzicate dette quasi per sforzata cortesia, ma ora lo seguono a ruota diversi nostri trainer, a incominciare dagli emergenti Walter Mazzarri e Antonio Conte, titolari delle prestigiose panche di Napoli e Juventus, con la loro aria di professori a convegno, ceffo da Clint Eastwood in “Per un pugno di dollari” e frasi come scudisciate.
Son finiti da un pezzo i tempi del “paron” Rocco, dei filosofi alla Scopigno o degli “impegnati” alla Ulivieri. Oggi l'importante è soltanto il risultato, non c'entra il bel gioco, l'estetica tanto cara a “Gioan” Brera con i suoi abatini e petissi, così i condottieri si trasformano in una specie di “Robocop”, piglio militaresco alla Marinetti e aria da “noi tireremo diritto”.
Fino al prossimo esonero, che di solito abbassa le arie e trasforma gran parte dei “mister” in accomodanti commentatori televisivi.
Giovanni Castelli
Lecco
Caro Castelli,
i simpatici, i “piacioni”, oggi hanno vita durissima in ogni angolo del mondo. Nel calcio, la moda è quella non tanto dei sergenti di ferro alla Capello, ma dei professorini duri e puri, sguardo di ghiaccio e ipad a bordo campo con schemi rubati ai matematici della Nasa. Maniaci della precisione e degli allenamenti computerizzati, senza amici né tra i colleghi né tra i giornalisti, votati al sacrificio finale come kamikaze, idolatrati dalla curva. Gente che ripiega le “bandiere” in panchina senza neppure spiegare il perché, eroi o inetti secondo i capricci della classifica che, com'è noto, è femmina.
Vittorio Colombo
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