Scuola, irrigare e non disboscare

Gli ultimi provvedimenti voluti dal ministro Valditara confermano che, come tutti i governi precedenti, anche quello in carica dimostra di non avere le idee chiare sulla scuola.

La stretta sul voto di condotta, infatti, appare una misura incongrua e contraddittoria in quanto destinata ad alimentare quella dispersione scolastica che il ministro ha affermato più volte di voler contrastare. La verità è che il mondo della scuola vive da decenni un grave disagio che non si può pensare di risolvere ricorrendo a strumenti sanzionatori che collidono, in modo macroscopico, con la vocazione educativa dell’istruzione. Si tratta di un approccio antico e, probabilmente, gradito dalle componenti sociali più retrive che ricordano con nostalgia le “botte” generosamente dispensate dagli insegnanti con il tacito consenso delle famiglie.

In verità, la maggioranza delle famiglie italiane vorrebbe ben altro. Vorrebbe, innanzitutto, un sistema scolastico in grado di preparare e “attrezzare” culturalmente i propri figli senza lasciarli alla mercé delle nuove tecnologie. Deplorare l’utilizzo compulsivo del cellulare da parte dei ragazzi non esime dalla responsabilità di non aver fatto nulla perché ciò accadesse. La verità è che la scuola italiana resta una scuola classista che continua a collocare i più bravi nei licei lasciando gli altri istituti l’onere di gestire i problemi di una società inquieta e in continua trasformazione. Davanti ai grandi cambiamenti sociali che tutti conosciamo, la scuola italiana è rimasta la stessa, fissa e immutabile. Il tramonto della famiglia monoreddito, determinato dalla scelta o dall’obbligo delle madri di dedicarsi al lavoro, avrebbe imposto la necessità di estendere il “tempo pieno” a tutti gli istituti consentendo ai ragazzi di svolgere i compiti a scuola al pomeriggio.

Di contro, risultano innumerevoli i casi di ragazzi che, restando soli in casa, sono soliti trascorrere i pomeriggi davanti al cellulare, ai social e ai videogiochi: sempre connessi con il mondo virtuale, ma sempre disconnessi da quello reale. Il sistema scolastico, anziché interrogarsi sulla noia crescente dei nostri ragazzi, si è avvitato su un burocratismo sempre più avvilente che ha finito per screditare il ruolo dell’insegnante, già falcidiato dalla prospettiva di una retribuzione da fame.

Ma c’è altro. Dopo essere stati, per secoli, un popolo di emigranti, da almeno trent’anni siamo diventati terra di immigrati. Come è noto, il tema dell’integrazione è stato affrontato dai nostri governi in modo incoerente e contraddittorio e, a farne le spese, è stata la scuola che, ancora oggi, non è in grado di gestire le problematiche connesse alla coesistenza di ragazzi con un vissuto eterogeneo e profondamente diverso.

Occorre riconoscere che, malgrado la gravità dei problemi della scuola italiana, non è mai esistito un governo della Repubblica disposto, davvero, ad affrontarli. La demotivazione dei docenti, la desolante burocratizzazione, la penuria di dirigenti scolastici all’altezza, l’assenza di una vera politica finalizzata a combattere la dispersione, sono solo alcuni dei temi rimasti insoluti davanti ai quali il problema della disciplina degli alunni risulta marginale e, osiamo dirlo, perfino demagogico.

Il sistema scolastico italiano appare un’anticaglia che ha urgente bisogno di investimenti, di entusiasmo, di progettualità e di inventiva. Servono denari, dunque, per attrarre le menti più brillanti senza le quali la nostra scuola rischia di essere una landa desolata in cui alunni e insegnanti sono accomunati dalla medesima sorte: quella di essere “anime morte”, come quelle di Gogol, che vagolano smarrite e confuse in un mondo che li condanna fatalmente alla marginalità.

La scuola italiana, pertanto, ha urgente necessità di ritrovare una propria identità rilanciando nei giovani la consapevolezza dell’importanza del Sapere come strumento irrinunciabile per costruire una personalità, prima ancora che una carriera. Per tale ragione dissentiamo dal recente provvedimento del ministro Valditara al quale sarebbe utile rammentare il monito di C.S. Lewis secondo cui “il compito del moderno educatore non è disboscare giungle ma irrigare deserti”.

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