Spellecchia, processo d’appello da rifare. «Quella sentenza non stava in piedi»

Il caso Parla il legale del medico dopo l’annullamento del secondo grado di giudizio. Cancellata la condanna, il dibattimento a Milano dovrà essere nuovamente celebrato

Andrà nuovamente celebrato, ma da un’altra sezione, il processo in Corte d’Appello a Milano a carico del dottor Domenico Spellecchia, ex primario di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale di Chiavenna. Processo che era terminato con la condanna del medico a sei anni di reclusione per violenza sessuale ai danni di 18 pazienti.

Lo chiarisce il dispositivo della sentenza pronunciata martedì dalla Corte di cassazione che, in seguito all’impugnazione dei legali di Spellecchia, ha annullato la sentenza «con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano».

Insomma, è come se il processo di secondo grado non si fosse mai celebrato. Di conseguenza, l’ultimo pronunciamento valido in questo procedimento resta la sentenza di primo grado del Tribunale dia Sondrio, che aveva concluso con l’assoluzione del ginecologo.

«Abbiamo sempre sostenuto che l’intera sentenza non stesse in piedi, e la Cassazione ci ha dato ragione – spiega l’avvocato Lino Terranova, che con il collega Guglielmo Gulotta, entrambi del foro di Milano, assiste il dottor Spellecchia, 62enne milanese ma valchiavennasco d’adozione -. Ora deve essere rifatto tutto da capo. Si parte dalla sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Sondrio in primo grado nel 2018 - aggiunge il legale - Attendiamo ora le linee direttive dettate dalla Corte di Cassazione in merito all’eventuale rinnovo dell’istruttoria e agli elementi che potranno o non potranno essere presi in considerazione dal nuovo collegio giudicante».

Si attendono anche le motivazioni dell’annullamento della sentenza di condanna, per il deposito delle quali ci vorranno circa due mesi. Ma un’idea sul perché i giudici abbiano optato per un nuovo giudizio l’avvocato Terranova se l’è fatta: «Quella sentenza non ci ha mai convinto, per questo abbiamo presentato ricorso – spiega il legale -. Non ci ha mai convinto la maniera con la quale è stata riaperta l’istruttoria dibattimentale, la circostanza che la difesa non fosse mai, di fatto, protagonista del processo. Non sono mai state prese in considerazioni le copiose memorie che abbiamo presentato in entrambi i gradi di giudizio, sono stati ignorati gli esiti dei controesami dei testimoni al processo di Sondrio, ma sono state prese in considerazione sono le risposte date alle domande dell’accusa. Così facendo, sono state bypassate contraddizioni che avrebbero potuto e dovuto cambiare l’esito dell’appello».

Un altro punto contestato era il fatto che i filmati delle visite mediche a sostegno dell’accusa, fossero stati visionati dai soli giudici in camera di consiglio, senza il contraddittorio delle parti garantito durante il processo sondriese. «I giudici lo potevano assolutamente fare – spiega l’avvocato Terranova – ma ribaltando una sentenza di assoluzione in una condanna a sei anni di reclusione, avrebbero dovuto presentare una motivazione “rafforzata”, facendo emergere nuovi argomenti non soggettivi. Secondo noi così non è stato, e probabilmente anche secondo la Corte di Cassazione».

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