Morta all’Acquafraggia, il compagno:

«Mi sono buttato, non ho potuto salvarla»

Il compagno della donna scivolata a Piuro racconta il terribile pomeriggio costato la vita a Patrizia Pepè, 42 anni

«Non volevamo scattarci un selfie. Quando ho visto che Patrizia era scivolata mi sono tuffato nella pozza per cercare di salvarla, ho portato a riva il corpo ma ho capito subito che era morta».

E’ drammatico il racconto di Antonino Ciulla, 36enne piemontese, che da alcuni anni abita a Seregno insieme alla compagna Patrizia Pepè, 42 anni, la donna che domenica 13 giugno ha perso la vita scivolando durante dalle cascate dell’Acquafraggia, a Borgonuovo di Piuro.

Ciulla, sopravvissuto al terribile volo nel tentativo di salvare la compagna, nei giorni scorsi ha partecipato alla messa in memoria di Patrizia, voluta dalle colleghe dell’impresa di pulizie “Orso blu” di Seregno nella cappella dell’ospedale Trabattoni-Ronzoni (dove Patrizia lavorava nel reparto di Riabilitazione).

I funerali si erano svolti in Calabria, dove vivono i familiari, e, contestualmente, le amiche avevano organizzato un breve momento di ricordo nel cortile dell’ospedale, con il rilascio di palloncini bianchi. Poi, però, hanno voluto ricordarla con la messa, alla quale ha partecipato anche il compagno Antonio, la figlia 16enne Alessia e il padre di lei, Michelangelo, da cui Patrizia si era da tempo separata.

Impossibile non parlare della tragedia, avvenuta meno di tre settimane prima, e il dolore ancora così pulsante. Sia durante l’eucaristia sia al termine, la commozione dei presenti è stata molto forte. I volti di molte colleghe erano tutti rigati di lacrime.

Antonino Ciulla ha raccontato quella che è successo quella tragica domenica. Lo ha fatto parlando con il cronista del Cittadino di Monza e Brianza Paolo Volonterio:

«Patrizia non stava facendo alcun selfie – afferma -. Non ce n’era bisogno, perché la zona la frequentavamo da sempre. Non credo si trovasse in una zona vietata, io ero un po’ lontano ma non penso abbia scavalcato alcuna transenna. Di cartelli non ne ho visti. È solo scivolata».

Dagli accertamenti svolti sul posto, pare invece che la donna si trovasse al di fuori del sentiero, in una zona in cui è vietato il passaggio proprio perché pericoloso.

«Quando l’ho vista cadere mi sono buttato anch’io nel tentativo di recuperarla – racconta ancora il compagno -. Era finita dentro una sorta di laghetto. Pur dolorante l’ho tirata a riva, ma mi ero accorto che non c’era più nulla da fare. Un gesto che rifarei, perché quando si vuole bene a una persona si fa di tutto anche a rischio della propria vita. Vado fiero del mio gesto. Io ho riportato la rottura di una vertebra. Ne avrò ancora per un mese e mezzo».

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