La lettera di 264 genitori ai presidi
«Non dovete far usare le mascherine»

Chiavenna La Vecchia: «Affermazioni irricevibili». Giletti: «Ci chiedono atti contro la legge»

«Una lettera irricevibile». Sta sollevando un vespaio la missiva inviata in questi giorni ai dirigenti scolastici da un gruppo di 264 valchiavennaschi che non vogliono le mascherine a scuola. Una lettera che chiede, in sostanza, ai presidi di disobbedire alle norme nazionali.

«Per usare una formula di cortesia direi che è una lettera irricevibile per contenuti, toni, per disprezzo della norma e del senso storico e civico, nonché per qualche affronto alla grazia della lingua italiana - tuona il dirigente dell’istituto superiore Leonardo Da Vinci, Salvatore La Vecchia -. Direi che non ci sono le condizioni  per accettare la richiesta di un incontro con chi si esprime in questo modo. Comunque è una lettera che in qualche modo è arrivata nelle mani di oltre 350 persone. Ritengo che come dirigenti dovremmo discuterne in maniera adeguata.  Tra l’altro, è una lettera per certi versi offensiva della dignità della persona e della professione che esercitiamo».

Solo un po’ più soft Eliana Giletti, dell’istituto comprensivo Bertacchi: «Sono rammaricata. La lettera chiede in sostanza di compiere atti contrari alla legge. Non credo che ci siano le condizioni per un incontro, ma vedremo».

La lettera chiede perché non ci si sia opposti finora a un «obbligo che già nel pieno dell’emergenza pandemica suscitava più di un dubbio - sostengono i firmatari - ma che ora appare un’inutile, illogica e antiscientifica tortura nei confronti dei nostri figli, soprattutto alla luce del fatto che gli ultimi decreti prescrivono l’eliminazione delle mascherine quasi ovunque. Ma non nelle scuole. Naturalmente, comprendiamo che si tratta di norme imposte dall’alto che non dipendono da voi, tuttavia, quando noi eravamo a nostra volta sui banchi di scuola abbiamo imparato che “ubbidivo agli ordini” non è una giustificazione sufficiente per applicare delle indicazioni che come in questo caso, non hanno nulla di sensato o positivo».

Nella lettera si chiede un incontro. Anche con tono abbastanza perentorio: «Per capire le ragioni, che ci auguriamo argomentate, del perché abbiate deciso di “ubbidire agli ordini”, applicando diligentemente e burocraticamente la norma invece che dare un coraggioso, educativo ed edificante esempio di dissenso civile e democratico ai vostri studenti e per eventualmente valutare, se è possibile, un cambio di rotta da parte vostra». Dando per scontato che i dirigenti scolastici siano d’accordo con l’assunto di partenza, cosa tutt’altro che certa. Anzi.

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