
Cronaca / Tirano e Alta valle
Venerdì 15 Settembre 2023
L’infettivologa del Morelli: «Il Covid non è andato via. Non va preso sotto gamba, basta usare il buon senso»
Chiara Rebucci e il ritorno del virus: «Non è mai andato via, occorre cautela con i fragili».
Un’impennata di Covid si è registrata anche in provincia di Sondrio, come altrove, da inizio settembre, con 62 nuovi positivi in una settimana contro i 39 della precedente e i soli 15 di quella ancora prima. Numeri bassi in assoluto, ma che rendono l’idea della ripresa in atto di un contagio capace negli ultimi tre anni di interessare 68.815 residenti in provincia di Sondrio, il 38,48% della popolazione, con 774 morti.
Con un focolaio che ha interessato negli ultimi giorni anche la Rsa di Tirano e con una ripresa dei ricoveri al Morelli a partire da inizio agosto. Fino a sette le persone ricoverate contemporaneamente nel reparto Covid dopo due mesi di calma assoluta.
E ad affacciarsi sulla scena sono anche altre virosi con le zanzare come vettori, quali la Dengue, con due casi avutisi in provincia, uno ospedalizzato, e la West Nile. D’obbligo capire quindi da Chiara Rebucci, infettivologa, responsabile del reparto Covid e del reparto di Malattie infettive del Morelli, da tre anni in prima fila contro il virus, a che punto siamo e che inverno si prospetta.
Dottoressa, si dice che il Covid è finito, quello vecchio stampo e che faceva tanta paura, è così?
Non è vero. E’ finita la pandemia e siamo entrati in fase endemica. Questo non vuol dire, però, che il Covid sia una malattia che non esiste più. Certo, non c’è più l’infezione che può disseminarsi in maniera più o meno incontrollata all’interno della popolazione con conseguenze drammatiche e con numeri impressionanti, ma quando va a colpire soggetti fragili, il Covid può dare ancora problemi gravi, come le polmoniti che abbiamo visto nel 2020, nel 2021 e nel 2022. E la polmonite da Covid così come il Covid in tutte le sue manifestazioni non si possono prendere sotto gamba come fossero un raffreddore, perché siamo sempre di fronte ad un virus che ha la capacità di colpire diversi organi e apparati in maniera imprevedibile ed incontrollabile. Oggi, questo sì, con numeri assolutissimamente inferiori a quelli dei primi anni.
Qual è la variante oggi imperante e quali le sue caratteristiche?
La variante Eris è la più diffusa, oggi, sia dentro sia fuori dall’Italia. Si tratta di sottolignaggi di Omicron, variante che ha mostrato in assoluto le maggiori capacità di mutare ed eludere le precedenti risposte immuni legate a vaccinazioni o infezioni pregresse. C’è, poi, anche la variante Pirola osservata speciale, anche se non identificata al momento in Italia. É attentamente monitorata perché si teme abbia maggiori capacità di eludere le risposte immuni legate alle vaccinazioni e alle infezioni, però ora come ora non ci sono allerte particolari. L’Oms e le autorità sanitarie hanno il controllo della situazione. Da un punto di vista di clinico, queste varianti si comportano come tutte le altre, anche se magari danno più mal di gola che problemi all’apparato respiratorio. Restano le sindromi comuni da raffreddamento, la febbre, la stanchezza e i pochi pazienti fragili che hanno quadri severi sono quelli di sempre.
Si muore ancora di Covid? Ci sono pazienti fragili che hanno ancora molta paura.
Di Covid si muore ancora, anche se molto, ma molto meno. E le persone fragili non devono vivere nel terrore, ma devono sapere che questa infezione può essere un rischio importante e devono sapere che al di la del discorso vaccino, che resta sempre importante, ci sono armi che si possono usare in caso di infezione quali gli antivirali e i farmaci monoclonali. Fondamentale però è capire subito se si ha il Covid, fare subito il tampone anche in presenza di un banale raffreddore, perché se viene trattato nei primissimi giorni, quando le forme sono paucisintomatiche, si possono evitare peggioramenti difficili da affrontare. Perché, poi, le armi più efficaci che abbiamo sono meno utili a bloccare la progressione dell’infezione.
Le nuove sottovarianti sono meno letali delle prime, sembra, ma possono produrre anche loro effetti long Covid?
Le sottovarianti sono meno letali sì, ma lavorano anche su una popolazione già in gran parte vaccinata o infettatasi. Per cui si è già creato una sorta di effetto scudo. Il problema del long Covid invece c’è in modo importante e difficile da affrontare anche perché è variegato, sfumato, poco caratterizzato. Terapie specifiche per il long Covid non ci sono, ci sono diversi studi in corso per capire come meglio affrontarlo, ma tutt’ora i dati ci consegnano una sola certezza importante, ovvero che la vaccinazione protegge anche dal long Covid.
A questo proposito, del long Covid, sappiamo qualcosa di più? Come si manifesta, quali organi colpisce?
Il long Covid può colpire qualunque organo, anche se le manifestazioni più frequenti sono un grandissimo senso di stanchezza, astenia grave al limite dell’invalidante, sintomi neurologici, neuropsicologici o psichiatrici quali il rallentamento motorio, il deficit della memoria, l’insonnia, fino a forme ansiose, depressive e psichiatriche. E poi ci sono le forme respiratorie. La tosse persistente e la dispnea, cioè una sensazione di mancanza di respiro senza che vi sia insufficienza respiratoria reale. Ma ricordo che i problemi possono essere diffusi a qualunque distretto del nostro corpo. Problemi cardiaci, ischemici, vascolari. Siamo di fronte a un virus che riesce a danneggiare più organi seppur sempre in una minoranza di casi.
Quali precauzioni prendere? Si tornerà alle restrizioni di un tempo, alla mascherina, ad esempio?
Questo lo decideranno semmai gli organismi competenti. Ma è sempre importante usare il buon senso. Sapere ad esempio che si può contrarre per la prima volta il virus anche in questa fase, in quanto ora non c’è l’obbligo dell’isolamento per i positivi. Per cui occorre agire in autotutela. Se sono una persona che rischia di avere forme gravi, allora mi tutelo e posso mettere una mascherina se frequento luoghi affollati. E lo posso fare anche se sono una persona che sta benissimo, ma che vive a contatto con fragili. Oppure se mi ritrovo con un raffreddore, posso farmi un tampone di controllo e mettere la mascherina per proteggere chi è più fragile e meno fortunato di me. Non è un obbligo, è vero, ma un atto di generosità.
Consiglia ancora la vaccinazione a chi ne ha diritto?
Certo, ai fragili, perché è dimostrato che anche se i vaccini proposti non saranno magari quelli rivolti contro la variante in circolazione in quel momento, aumentano comunque il titolo di anticorpi protettivi. Quello che ha cambiato la storia di questa infezione è stato il vaccino. Se penso agli anni indietro e a quello che abbiamo visto. non posso che benedire l’arrivo dei vaccini.
Ed ora com’è la situazione in reparto Covid, avete degenti?
Abbiamo cominciato ad avere qualche paziente a inizio agosto. Dopo due mesi senza nuovi accessi Covid. Poi i primi ricoveri, alcuni con quadri abbastanza severi e con necessità di ventilazione non invasiva. Numeri bassi, per ora. E speriamo che restino tali. Siamo arrivati a sette pazienti ricoverati contemporaneamente, forse in relazione anche al sovraffollamento di turisti del mese di agosto.
Niente a che vedere, tuttavia, con quei giorni di inizio marzo 2020. Sono per lei un lontano ricordo o sono ancora molto presenti?
Sono ben presenti, perché certe cose non si dimenticheranno mai. Tant’è che oggi, quando cominciamo a sentire gli allarmi dei monitor, a montare caschi, ad accendere i ventilatori, a vedere certe Tac, tante cose si riaccendono nella nostra mente. Poi rivediamo pazienti che erano stati da noi nel 2020, anche in Rianimazione e si ricordano tante cose. Rivediamo anche i parenti di chi non ce l’ha fatta, per cui è impossibile mettere in un angolo della memoria un’esperienza come quella.
Lei è sempre esente dal Covid dottoressa?
Sì, nel senso che non ho mai avuto un tampone positivo, poi, chissà che non lo abbia preso comunque in forma asintomatica.
Ultimamente sono comparse due problematiche legate a punture di insetto come la Dengue e la West Nile. Abbiamo avuto dei ricoveri al riguardo o dei casi in provincia?
Due casi di Dengue di importazione li abbiamo avuti anche in provincia, su persone di rientro da zone endemiche. In un caso è seguito il ricovero, nell’altro no. Abbiamo test diagnostici che ci permettono di identificare questa virosi. Che può essere di importazione, la Dengue, ma anche autoctona. Il monitoraggio è attivo. Ci aspettiamo di vedere altri casi nei prossimi mesi.
Da cosa sono originate queste virosi e come si manifestano?
Sono malattie virali trasmesse da punture di zanzare di date specie e generi. Malattie che, nella stragrande maggioranza dei casi, decorrono in modo asintomatico o paucisintomatico, in altri danno dolori articolari, cefalea, rush cutaneo, congiuntivite. Più gravi sono le reinfezioni. Ma il problema è che non c’è una terapia specifica, ma solo sintomatica: per cui bisogna prestare attenzione perché queste virosi non si diffondano. É in atto il controllo dei vettori, occorre usare repellenti per zanzare ed effettuare le disinfestazioni.
Possono essere letali? Lasciano strascichi?
Raramente possono essere mortali, anche se per la Dengue si può arrivare a situazioni gravi con infezioni multiorgano o emorragiche, mentre la West Nile, può degenerare in deficit neurologici fino a stati di coma.
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