Le Rsa devono riaprire
Ma c’è chi non può

Il punto Ieri la comunicazione di Ast alle case di riposo in cui si invitano a riprendere le visite dei parenti agli ospiti

È di ieri la comunicazione inviata dall’Ats della Montagna a tutte le direzioni delle 20 case di riposo della provincia di Sondrio, che chiede di riaprire alle visite dei parenti degli ospiti, senza particolari restrizioni, siano separè o spazi dedicati, salvo il fatto di possedere il Green pass rafforzato, oppure di sottoporsi a tampone rapido nelle 48 ore precedenti la visita nel caso si abbia ricevuto solo due dosi di vaccino o si sia guariti dal Covid.

Protezioni

In pratica, in linea con la delibera della Giunta regionale di giovedì scorso, si chiede ai vertici delle Rsa di ritornare a una sorta di status pre Covid, aprendo porte e reparti delle strutture residenziali ai parenti degli ospiti. Ma la misura non sembra destinata a passare così, in scioltezza, perché molti direttori delle Rsa sono convinti che, tanto o poco, il Covid, sia ancora presente.

E non a torto, perché proprio nel giorno in cui si è chiesto alle Rsa di aprire i battenti come ai vecchi tempi, ecco che, una struttura fra le più esposte, in assoluto, in passato, al Covid, si trova costretta a richiudere.

«Lo so che è arrivata la comunicazione di Ats e di Regione Lombardia ad aprire, ma noi purtroppo oggi siamo obbligati a fare un passo indietro - spiega Italo Rizzi, presidente della Rsa Ambrosetti Paravicini di Morbegno - e questo per il fatto che in seguito ai periodici test di controllo effettuati sugli ospiti, ne abbiamo riscontrati alcuni positivi. Pochi e del tutto asintomatici, per fortuna, tant’è che senza screening di controllo non li avremmo senz’altro trovati. Però la positività c’è - aggiunge Rizzi - per cui li abbiamo dovuti isolare nelle aree dedicate. Nei prossimi giorni continueremo a effettuare i test di screening, fino al loro completamento, in modo da avere un quadro preciso della situazione, e, nel mentre, chiudiamo di nuovo alle visite».

Peccato, perché la Rsa di Morbegno era stata fra le prime a riaprire alle visite senza barriere in plexiglass il 1° marzo scorso, sull’onda di quanto deciso, il 21 febbraio, anche dalla Rsa “Fondazione città di Sondrio”, e subito dopo, il 2 marzo, deciso anche dalle Rsa “Villa Sorriso”, di Bormio, e “Costante Patrizi”, di Ponte in Valtellina.

La maggior parte delle strutture assistenziali per anziani e per disabili, del resto, dopo la stretta di metà gennaio, aveva “sciolto le briglie” anche se, sempre di visite su prenotazione si tratta, sotto la supervisione di un operatore, e in un’ala dedicata della struttura.

«Ora il nuovo protocollo non prevede più la presenza di un operatore - dice Giampaolo Muzio, direttore della Rsa di Tirano - però noi, a prescindere dal Covid, non intendiamo far entrare i parenti nei reparti a meno che gli ospiti non siano allettati o in fin di vita. Questo, va capito, non è un ospedale nel quale occorre andare al letto del paziente, è una realtà dotata di spazi comuni, saloni dove ci si può benissimo incontrare, parlare, con la giusta discrezione, per se stessi e per gli altri ospiti. Noi, visite in reparto non siamo orientati ad ammetterne, le prevederemo negli spazi comuni».

SI studia

Pronti a vagliare la nuova normativa anche i direttori sanitari ed amministrativi delle Rsa e Rsd “Madonna del Lavoro” di Nuova Olonio, e Fondazione Città di Chiavenna, ma, anche fra loro, la prudenza, è massima.

«Domani mattina avevo programmato una seduta di screening con tampone rapido, in Rsa - dice Emilvio Fascendini, direttore sanitario a Nuova Olonio - ma ho sospeso perché ci riuniremo per vagliare la nuova normativa. Voglio valutare bene, perché noi tutti in Rsa sappiamo cosa vuol dire gestire dei focolai, ci vuole sempre una certa prudenza». Grande attenzione anche a Chiavenna, dove si sta cercando di capire come organizzare le visite nei reparti.

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