Il lupo è anche in Val Zebrù. «Predate otto capre»

Valfurva E altre due sono scomparse e non si trovano più dopo giorni. Secondo gli allevatori nella zona è presente un branco di otto esemplari

Otto capre predate in Valfurva tra sabato e domenica, e un paio di altri esemplari che non si trovano più e probabilmente anche loro vittime del lupo.

A denunciare l’accaduto due sono allevatori che hanno fatto l’amara scoperta e non sembrano avere alcun dubbio sul fatto che a uccidere i loro animali sia stato uno o forse più lupi. Sì, perché secondo i pastori e non solo nella zona ci sarebbe un branco piuttosto numeroso, ben otto esemplari.

«Ho portato le capre in quota sabato - ha raccontato un allevatore, gestore di un rifugio in Val Zebrù, ad un amico e collega -. Domenica mattina ho sentito ululare alcuni lupi e sono andato a vedere, ho trovato otto capre uccise nella zona del sentiero del bivacco Costantini che porta verso le baite Cavallaro».

Le Guardie del Parco

Sul posto sono intervenute le guardie forestali del Parco dello Stelvio, che hanno effettuato gli accertamenti per confermare che a uccidere le capre siano stati proprio i lupi, anche grazie ad alcune fototrappole presenti in zona. Sarebbero proprio state le guardie a confermare all’allevatore la presenza di un branco di otto lupi nella zona. Ora il rifugista ha riportato in stalla i capi che non sono stati predati, così da poterli meglio proteggere. Altre due capre, di proprietà di un altro allevatore che le aveva portate nella medesima zona, sono inoltre sparite. A nulla sono valse le lunghe ricerche, sembrano scomparse nel nulla. È probabile che abbiano fatto la stessa triste fine degli otto animali uccisi.

Ovini a rischio di estinzione

Si tratta, tra l’altro, di capre pedule e frise a grave rischio di estinzione. E se le predazioni da parte del lupo sono già di per sé un grave problema per diversi allevatori, lo è ancor di più per chi si occupa di animali a rischio di estinzione. Ne ha parlato qualche giorno fa Marco Paganoni, della rete valtellinese “Pro patrimonio montano”, nel corso dell’incontro “Allevare nelle Alpi” che si è svolto al Teatro Cristallo di Bolzano, una serata con esperti del settore realizzata in collaborazione con il Museo di scienze naturali dell’Alto Adige in ambito di LifestockProtect.

«La pecora ciuta fa parte del progetto di “Pro patrimonio montano”, a cui lavoriamo da dieci anni - ha spiegato -. Abbiamo ripreso quegli animali, più o meno in purezza, trovati sul territorio, li abbiamo affidati ad allevatori custodi ed è stata effettuata una selezione genetica inversa per riportarli come in origine e poi salvaguardarne le peculiarità. Gli allevatori di pecora ciuta in Valtellina oggi sono 16, tutti piccoli allevamenti da 20 o 25 animali, e gli esemplari sono meno di 400 in tutto. E sono quindi difficilmente difendibili. Questi piccoli greggi non possono permettersi un pastore “fisso”, qualcuno ha un cane, ma non tutti».

«Le predazioni - continua - non hanno come unica conseguenza la perdita di 15 o 20 animali: quando si sono registrate predazioni importanti il pastore ha smesso di lavorare, ha abbandonato i luoghi in cui portava capre o pecore, a volte ha venduto l’attività. Di esempi ce ne sono tanti, troppi. La razza in via di estinzione è anche quella del pastore. Senza contare quegli animali, come la pecora ciuta ma non solo, che già rischiano l’estinzione e che con la presenza di questi predatori sono ancor più minacciate».

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