Rette congelate nelle case di riposo. «Così il nostro sistema non regge»

Costi nelle Rsa Fistolera, presidente Uneba, commenta la misura a sostegno degli ospiti fragili. «Aiuti regionali a una categoria limitata, i nostri margini di sopravvivenza ridotti al minimo»

«Siamo stati salvati dal rimborso per le spese energetiche sostenute ricevuto dalla Regione grazie all’impegno di Massimo Sertori, assessore alle Politiche per la montagna, perché, diversamente, molte case di riposo avrebbero dovuto tirare i remi in barca da tempo. Ma, ugualmente, navighiamo a vista, ancor più dopo le decisioni ultime, di giovedì, dell’assessorato al Welfare regionale che ingabbia le Rsa impedendo qualsiasi possibilità di recupero dei maggiori costi attraverso un seppur minimo ritocco alle rette. Siamo molto amareggiati e preoccupati per questo stato di cose anche perché si riverbererà sui più fragili che troveranno sempre meno posto nelle Rsa e che dovranno essere accolti, quando possibile, negli ospedali».

Tredici strutture

A dirlo è Aldo Fistolera, presidente del Comitato Uneba della provincia di Sondrio, l’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale, che, in valle, annovera 13 Rsa fra le più grandi i cui vertici sono molto preoccupati.

Lo erano già prima della delibera di giovedì di Guido Bertolaso, quella con la quale sono stati stanziati 51 milioni di euro per garantire l’aumento della tariffa regionale corrisposta alle Rsa per l’assistenza agli ospiti fragilissimi, altri 30 milioni per concorrere alla spesa del 50% dei farmaci acquistati dalle strutture e 6 per la presa in carico di pazienti con necessità speciali nelle Rsd (Residenze sanitarie per disabili), ma lo sono anche ora, perché quanto previsto in delibera non li convince affatto.

«L’aumento tariffario previsto dall’assessorato al Welfare è riferito a una categoria particolare e limitata di ospiti, che, abbiamo considerato come Uneba regionale, è inferiore al 30% del totale - osserva Aldo Fistolera -, per cui, se noi spalmiamo questo aumento tariffario sugli ospiti globalmente intesi, vediamo che è di un ordine inferiore al 2% a fronte di un’inflazione che viaggia almeno al 6% e di aumenti di costi cui dobbiamo far fronte in ragione anche dei rinnovi dei contratti di lavoro delle nostre maestranze. Già in numero insufficiente di loro. E se a ciò si aggiunge il fatto che viene bloccato ogni aumento della retta, si può facilmente capire che i margini di sopravvivenza delle nostre Rsa sono ridotti al minimo». Gli aumenti delle rette, a onor del vero, sono possibili, sulla carta, ma in misura molto contenuta perché fa fede la media delle rette praticate dalle Rsa del territorio dell’Ats di riferimento, che per noi è l’Ats della Montagna. Quelle Rsa che hanno rette molto basse, al di sotto della media Ats, potranno livellarle leggermente verso l’alto, ma per tutte le altre, che sono la maggior parte, questa possibilità è esclusa.

Riduzione dei posti letto

«A quel punto cosa potremo fare noi, come Rsa, se non tagliare posti letto? Cosa che peraltro sta già avvenendo - dice Fistolera -, perché pur di garantire standard qualitativi alti, così come richiesto dalla Regione, alcune strutture hanno calmierato i posti a disposizione. In assenza del personale necessario non potevano fare altro, ma, ora, le condizioni dettate dalla Regione ci spingono ulteriormente in questa direzione e la cosa ci fa molta paura. Stiamo discutendo in modo approfondito sul tema. L’orientamento delle Rsa della provincia di Sondrio, ma non solo, è quello di coinvolgere i familiari degli ospiti, comunicare loro la situazione, e renderli consapevoli del fatto che noi, come Rsa, potremo garantire fino a un certo punto l’assistenza, dopodiché dovranno subentrare altri».

Il riferimento è agli ospedali che però, a loro volta, sono saturi di pazienti e privi di personale. Per cui siamo di fronte ad una situazione limite.

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