Concessione pesca, ma solo per un anno.
«Troppa incertezza sulle specie ammesse»

Provincia Rilasciata l’autorizzazione all’Ups per l’esercizio nelle acque pubbliche valtellinesi

Pesca nelle acque pubbliche valtellinesi, rinnovata di un anno la concessione all’Ups della provincia di Sondrio in attesa dell’esito dei lavori del Nucleo di valutazione del ministero della Transizione ecologica sulle specie alloctone.

In un periodo di forte incertezza nella gestione delle attività piscatorie e di quelle legate alle attività riproduttive nei centri ittiogenici, causata principalmente dal quadro normativo nazionale che in materia di autoctonia rimane incerto, è arrivato dal consiglio provinciale, che ha votato la delibera all’unanimità, il via libera alla continuità nella gestione della piscicoltura in Valtellina da parte dell’Ups. Di quell’Unione pesca sportiva che dal 2013 detiene la concessione di tutte le acque pubbliche comprese nei bacini imbriferi dello Spool, del Reno di Lei, dell’Adda e della Mera, con l’esclusione del lago di Mezzola, del Pozzo di Riva e del canale che li collega e dal 2014 anche delle acque del lago di Venina a Piateda.

Era stato il presidente dell’Unione pesca sportiva, Renato Manenti a chiedere alla Provincia già nell’ottobre dello scorso anno, in vista della scadenza di febbraio, il rinnovo della concessione, in virtù di tutte le attività svolte negli anni di concessione, dei risultati ottenuti, degli studi scientifici avviati e conclusi anche in stretta collaborazione con gli enti pubblici e privati, delle iniziative messe in atto per migliorare il patrimonio ittico ed incrementare la pescosità delle acque provinciali. Insomma di tutto il lavoro di ripopolamento e vigilanza portato avanti nel rispetto dei piani e dei programmi previsti e dagli strumenti di pianificazione provinciale.

Una richiesta cui l’amministrazione provinciale, come ha spiegato il consigliere Franco Angelini che si occupa della materia per conto del presidente Davide Menegola, ha risposto positivamente, «per evitare incertezze nelle attività di gestione, dando continuità alle modalità di esercizio della pesca sportiva anche per evitare le problematiche connesse allo smaltimento o alla eccessiva permanenza in stabulazione degli stock di riproduttori negli impianti ittiogenici, anche a tutela del benessere animale».

Intanto la durata dell’impegno sarà di un anno in attesa della definizione di autoctonia delle specie di acqua dolce di interesse piscatorio e le modalità di gestione ittica previste dagli strumenti di pianificazione ittica regionale, in particolare in materia di immissioni di fauna ittica di cui si sta occupando il Nucleo di valutazione, i cui lavori termineranno entro il 31 dicembre di quest’anno.

Attualmente, secondo il decreto direttoriale 2 aprile 2020, sarebbero infatti specie alloctone, e dunque da mettere al bando, trota fario e iridea, laverello e salmerino alpino. In questa situazione l’Ups, applicando il principio della precauzione, ha immesso solamente le specie autoctone e dunque trota marmorata, temolo e trota mediterranea, limitando le immissioni ittiche “pronta pesca” a situazioni regolarmente autorizzate dalla Provincia.

«In un quadro generale così complesso in materia di gestione delle acque – ha ricordato Angelini citando la delibera -, il rischio è di deprimere ulteriormente un settore già in sofferenza per le implicazioni legate alla pandemia con conseguenze sull’indotto economico del territorio provinciale».

Per capire cosa rappresentano l’Ups e il settore della pesca in Valle basta ricordare alcuni numeri: 200 iscritti e un bilancio che si aggira intorno al milione di euro, una struttura che conta 10 dipendenti e 24 guardie volontarie. Senza contare che il comparto della pesca è composto anche da numerosi laghetti privati e il conseguente indotto economico derivato per il settore commerciale e alberghiero è stimato annualmente dalla Camera di Commercio di Sondrio in 10 milioni di euro.

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