Un lavoro per le ucraine
“Sondaggio” fra le aziende

ValchiavennaL’iniziativa decisa dalla riunione plenaria dell’altra sera Si chiederà alle imprese la disponibilità per impiegare profughi in ditta

La possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno per protezione speciale ai profughi ucraini valevole un anno, così come deciso il 4 marzo dalle istituzioni europee, ancora non c’è, perché si è in attesa del recepimento in Italia della normativa comunitaria, tuttavia le istituzioni valchiavennasche, sotto il cappello della locale Comunità montana, intendono portarsi avanti.

Primo passo

«Ovviamente nei limiti di legge e delle nostre possibilità, perché non vogliamo sostituirci a nessuno, men che meno ai centri per l’impiego - precisa Davide Trussoni, presidente della Comunità montana Valchiavenna - però nella riunione allargata di giovedì sera, alla presenza di tutti i sindaci della Valchiavenna o dei loro delegati, dei parroci, della Caritas, dei referenti l’Ufficio di piano e, prima ancora, del responsabile dell’Ufficio immigrazione della Questura di Sondrio, Faustino Bertolini, abbiamo concordato una serie di azioni per fronteggiare questa emergenza»

«Una di queste - spiega Trussoni - sarà l’invio via e-mail di un invito a tutte le aziende della Valchiavenna, siano artigiane, industriali, commerciali, di servizio, per sondare un’eventuale disponibilità ad accogliere in ditta profughi ucraini».

Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di giovani donne che, una volta in possesso del permesso di soggiorno, potrebbero lavorare e rendersi a poco a poco indipendenti.

«Il nostro sarà un semplice “sondaggio”, un portare a conoscenza le nostre aziende dell’esistenza di questa potenziale domanda di lavoro - aggiunge Trussoni - che magari potrebbe anche rispondere ad un’offerta esistente, vedremo».

Istruzione

Nella riunione plenaria di giovedì è stato toccato anche il tema dell’istruzione dei molti minori sfollati, ma in questo caso l’integrazione non è così immediata «perché, dalla comunità ucraina - dice Trussoni - è emerso il bisogno di far concludere la scuola ai propri figli in didattica a distanza con gli istituti ucraini, dato che nelle zone non bombardate le lezioni, anche se in Dad, stanno proseguendo. L’intenzione, quindi, è quella di ospitare nelle scuole dell’infanzia i bimbi più piccoli, cosa che si sta già facendo, mentre doteremo i ragazzi più grandi che non hanno il materiale necessario, di tablet e pc per la Dad con l’Ucraina».

L’intenzione dei profughi, del resto, non è quella di restare a lungo lontani dal loro paese. Puntano a rientrare il prima possibile, ma tutto dipenderà dalla piega che prenderà il conflitto.

L’ufficio

La Valchiavenna, comunque, è pronta. Perno della gestione dell’emergenza è l’Ufficio di piano della Comunità montana, in capo a Giusi Matteoli. Qui si tiene “il conto” dei profughi in arrivo e di quelli in partenza, perché, alcuni, si ricongiungono a parenti residenti in altre zone della provincia o d’Italia, si gestiscono gli aiuti, si tengono i rapporti con la comunità ucraina e le volontarie addette alla mediazione culturale, si prenotano tamponi, visite, vaccinazioni.

«Il 50% delle presone ospitate in Valchiavenna ha già effettuato la visita di controllo - dice Giusi Matteoli - e martedì si proseguirà con la restante parte».

Un canale, quello aperto con Ats della Montagna e Asst Valtellina e Alto Lario che sta funzionando egregiamente.

Tuttavia, per dare ancor più veste istituzionale a un’emergenza piovuta sulla valle come un meteorite, i sindaci, per il tramite della Comunità montana e col supporto di agenzie del terzo settore, si convenzioneranno con la Prefettura in modo da poter avere accesso a quelle provvidenze previste per legge, per ciascun profugo, utili a supportare le famiglie che li ospita.

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