«Tra mille sacrifici
don Roberto era soprattutto
una persona felice»

Il ritratto fatto da don Margnelli «Nonostante gli sforzi seguiva la strada di Gesù»

Lanzada

Don Mariano Margnelli, collaboratore a Lanzada per la Comunità pastorale della Valmalenco e cappellano del carcere di Sondrio, è stato compagno di studio di don Roberto Malgesini. Nel 1992 si ritrovarono al seminario vescovile di Como. «Eravamo gli unici valtellinesi in classe - ha raccontato martedì dopo la tragedia - e ci sostenevamo a vicenda. Siamo subito diventati amici e si è creato un legame anche con la sua famiglia.

E dopo i ricordi “a caldo” suscitati dall’emozione e dallo sgomento del momento, il sacerdote torna sulla figura di don Roberto tracciando un profilo tanto affettuoso quanto accurato della sua figura. «Vorrei sottolineare tre cose - inizia - che mi sono venute in mente ascoltando martedì sera le parole del vescovo Oscar al termine del rosario celebrato in cattedrale a Como, alla presenza di tantissime persone sia dentro sia fuori dal duomo». La prima. «Don Roberto sapeva curare le relazioni con le singole persone, che è in fondo la cosa più importante di ogni pastore - racconta -. Noi preti a volte ci occupiamo dei gruppi, delle comunità, delle attività in generale, e solo con pochi riusciamo a curare un dialogo personale. Lui, invece, per l’attività che svolgeva, avvicinava ciascuno, ascoltava ciascuno, se poteva aiutava ciascuno; non solo offriva, insieme ad altri volontari, da bere o da coprirsi, specialmente nelle sere fredde, ma era sempre disponibile ad andare in ospedale o ad accompagnare chi aveva bisogno in ospedale, caricandolo sulla sua Panda. Ho pensato: anche Gesù faceva così: in alcune occasioni parlava alle folle, come anche un prete quando celebra messa con una comunità; ma Gesù soprattutto favoriva gli incontri a tu per tu, con le singole persone, buone o cattive, sante o peccatrici, dello stesso suo popolo o straniere, uomini o donne, di fede o non».

Segue la seconda riflessione di don Mariano. «Don Roberto non era solo un uomo di buon cuore - dice -. Non era solo un buono nel senso di un filantropo. Il suo dedicarsi totalmente agli altri, senza risparmiarsi e senza esclusioni, aveva una sorgente ben precisa: il suo amore sincero e profondo per il Signore Gesù».

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