«Tampone, niente ansia
Fatelo se necessario»

Consiglio Il direttore sanitario: «O siete contatti diretti Altrimenti finite soltanto per ingolfare il sistema»

«Abbiamo una capacità di fuoco di 10.500 tamponi a settimana, sfoderata dalle 65 farmacie dell’Ats della Montagna (42 in provincia di Sondrio, ndr) che garantiscono, da tempo, il loro contributo, ed una capacità di fuoco di altrettanti 10.500 tamponi, sempre a settimana, assicurata dai “drive through” delle Asst, e altre disponibilità le stiamo cercando presso i centri privati, però, c’è un problema di appropriatezza del tampone che va considerato».

La richiesta

A dirlo, ieri, a chiare lettere, in conferenza stampa, è stata Maria Elena Pirola, direttore sanitario dell’Ats della Montagna, secondo la quale nulla viene tralasciato per cercare di implementare la capacità di diagnosi del Covid in Valtellina, Valchiavenna, Valcamonica, ed Alto Lario, ma anche in questo caso ci si appella all’autoresponsabilità del singolo, pena l’ingolfamento completo del sistema.

«Il tampone è uno strumento di diagnosi del Covid - ha detto Pirola, in ciò pienamente sostenuta, a Enza Giompapa, responsabile del settore Igiene e sanità pubblica di Ats -, non è un qualcosa cui dobbiamo ricorrere perché in preda all’ansia di aver contratto il virus. E’ il nostro medico di base o il pediatra di famiglia ad effettuarlo, l’antigenico rapido, o a prenotare il molecolare, laddove ritenga che i sintomi che gli rappresentiamo siano simil Covid e richiedano un approfondimento. E in caso di positività, è il medico stesso o sono gli operatori dei drive through di Asst a segnalarcela, per cui scatta tutta la trafila così come l’abbiamo definita e pubblicata sul sito internet aziendale».

In una parola, per gli esperti di Ats, non varrebbe la pena precipitarsi a destra e a manca, in primis in farmacia, per testare una eventuale positività, non perché sintomatici (in questo caso si deve chiamare il medico e non andare in farmacia), ma perché si teme di essere contatti di positivo.

«Perché si possa parlare di contatto stretto - ha chiarito Enza Giompapa - occorre essersi trovati, per almeno 15 minuti, in ambiente chiuso, e senza mascherina, con una persona che, poi, è risultata positiva. Se portiamo correttamente la mascherina, chirurgica o Ffp2 dove richiesta, siamo ben protetti, ancor più se vaccinati».

Vietato, quindi, per gli esperti Ats, farsi prendere dall’ansia e altamente sconsigliato il “fai da te”.

I consigli

«Tante persone ci chiamano dicendo che hanno fatto il test a casa, sono risultati positivi, ma nessuno li chiama - dice Raffaello Stradoni, direttore generale Ats -. Per forza, con un test fatto in autonomia, di cui non c’è traccia da nessuna parte, ovvio che non vengono chiamati».

«Non è questa l’autonomia che chiediamo alle persone . prosegue - ma chiediamo loro di prendere visione del vademecum che abbiamo pubblicato, di rivolgersi al medico in caso di sintomi».

«Bisogna tenere conto - aggiunge - che se sono contatti stretti di caso, vengono intercettati dall’Ats stessa e sottoposti a quarantena, perché è lo stesso positivo a segnalarci le persone con cui ha avuto contatti stretti nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi, o, in assenza di sintomi, nelle 48 ore precedenti il tampone rivelatore».

Al riguardo, importante è anche la sottolineatura di Stradoni rispetto all’origine dei focolai (casi) Covid «da noi monitorati attentamente, perché ce lo richiede il ministero - ha detto - e dai quali si rileva che la stragrande maggioranza dei positivi si contagia a casa propria, e, al più, a scuola».

«E questo perché dentro le mura domestiche ci proteggiamo meno, non usando la mascherina, e, così, a scuola, laddove non è prevista. Quindi gli ambienti più pericolosi dal punto di vista del contagio sono questi. Teniamolo presente perché è un dato che ci dice quanto importante sia la mascherina, quanto faccia la differenza, tant’è che, i nostri operatori sanitari, pur essendo per ore a contatto col Covid, in quanto protetti, non si ammalano».

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