Sondrio, una provincia senza parlamentari?

Elezioni Sondrio contava su tre rappresentanti (Parolo, Del Barba e Snider), ora c’è il rischio di azzerarli. Il referendum che ha ridotto i seggi ha allargato i collegi: alla Camera siamo con Como, Varese e Monza

La data delle elezioni c’è - domenica 25 settembre - per una campagna elettorale che si giocherà a cavallo di Ferragosto, quello che manca per la provincia di Sondrio dopo la caduta del governo Draghi non è soltanto la stabilità invocata innanzitutto da categorie economiche e sindaci, ma anche la certezza di portare a Roma un rappresentante del territorio. Anzi, in via del tutto astratta, la probabilità più alta è che la Valtellina possa riuscire ad eleggere al massimo uno dei suoi alla Camera, mentre il Senato, dove la provincia di Sondrio da Ezio Vanoni in giù può vantare una serie storica non indifferente, sembra essere ormai precluso. Questione di numeri e di peso politico.

Rosatellum

Già perché se la legge elettorale, il Rosatellum (un misto tra proporzionale 61% e maggioritario attraverso collegi uninominali 37% cui si aggiunge il 2% delle circoscrizioni esteri) è sempre la stessa che nel 2018 portò direttamente a Montecitorio Mauro Del Barba (Pd ora Italia viva) e Ugo Parolo (Lega) cui più recentemente si è aggiunta la prima dei non eletti della lista del Carroccio Silvana Snider, dopo il referendum del 2020 le cose si fanno più complicate.

Grazie all’esito della consultazione infatti il numero dei parlamentari è notevolmente calato - da 945 a 600 - con bacini elettorali più vasti. Dopo il 25 settembre, alla Camera i deputati saranno 400 anziché 630 e al Senato 200 invece di 315. Che significa che gli eletti nei collegi plurinominali della Camera (quelli dove i partiti presentano una lista di nomi) passeranno da 386 a 245, quelli negli uninominali da 232 a 147 e quelli all’estero da 12 a 8. Al Senato gli eletti nei plurinominali caleranno da 193 a 122, quelli negli uninominali da 116 a 74 e quelli all’estero da 6 a 4.

Il numero di deputati e senatori più basso insieme a collegi più ampi si traduce, per territori marginali e politicamente non “pesanti” come la provincia di Sondrio - poco più di 180mila abitanti - nel rischio di non mandare più i propri esponenti a Roma, a meno di casi fortuiti o di correttivi. Basta valutare la nuova geografia elettorale dei collegi per capirlo soprattutto per quanto riguarda il Senato dove i seggi per l’intera Lombardia sono 31 e dove nel plurinominale (20 seggi in tutto) la provincia di Sondrio deve giocarsela con Varese, Como, Lecco e Monza Brianza, il cui peso specifico, elettoralmente parlando, è di tutt’altro tenore.

Alla Camera, il collegio uninominale del Lombardia 2 contempla Sondrio e Como: da qui nel 2018 risultò eletto Parolo con 81.800 voti. Da qui derivano anche le speranze odierne che non possono che passare per le “grazie” dei partiti. Con il Rosatellum le possibilità per le aree poco densamente abitate dipendono innanzitutto dalla loro volontà, ben sapendo che non possono essere scontentati i territori più pesanti dal punto di vista politico e che per soddisfarli i posti a disposizione sono decisamente minori rispetto al passato. Candidature facili, insomma, non ce ne saranno.

Già segnalato

Un problema di rappresentanza non indifferente. Lo aveva già segnalato dopo il referendum l’Uncem chiedendo adeguati correttivi, torna a segnalarlo il presidente lombardo dell’Unione Tiziano Maffezzini.

«Nelle leggi elettorali con collegi o circoscrizioni, più queste sono grandi, meno le aree montane e rurali hanno capacità di incidere nelle scelte ed eleggere persone che provengono da quei territori. In un collegio uninominale da 1 milione di abitanti, il baricentro è nettamente spostato sulle zone urbane – ricorda -. I luoghi con minore densità abitativa rischiano di avere minore rappresentanza. E’ inevitabile. E’ chiaro che tutto dipenderà dai partiti e dalle loro scelte». Ragioni per cui Uncem auspicava una nuova legge elettorale che tenesse conto di una omogenea rappresentanza per tutti i territori del Paese, anche quelli dove ci sono meno voti, ma che a fronte di peculiarità specifiche richiedono una particolare attenzione.

Ora però è tardi. Lo è anche per le recriminazioni come quelle dell’onorevole Del Barba, convinto che se fosse passato il referendum costituzionale del 2016 che dava al Senato una rappresentanza territoriale e assegnava alla sola Camera quella politica, le cose sarebbero diverse anche per la Valtellina. «Avremmo avuto meno parlamentari, più efficienza e nel contempo maggior ruolo delle autonomie locali».

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