Sceresini è in Italia. «Rientrato da Kiev
stanco di aspettare»

La storia Ritirato l’accredito al giornalista sondriese. «Dopo 19 giorni senza avere risposta dalle autorità. Chi racconta i fatti non deve essere ritenuto pericoloso»

E’ rientrato domenica sera in Italia Andrea Sceresini, giornalista free lance di Sondrio, rimasto bloccato in Ucraina per 19 giorni, precisamente dal 6 febbraio, quando, mentre era di ritorno dal fronte di Bakhmut, dove aveva realizzato un reportage per Rai3 assieme al collega Alfredo Bosco, il ministero della Difesa ucraino gli ha notificato la sospensione degli accrediti giornalistici.

Attesa di 19 giorni

I due giornalisti hanno atteso di avere notizie e, soprattutto, hanno sperato che la situazione si sbloccasse, magari anche grazie all’intervento del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che proprio in quei giorni è stata a Kiev per una visita ufficiale. Ma, dopo 19 giorni di attesa, hanno dovuto arrendersi e, non potendo fare il loro lavoro, hanno lasciato l’Ucraina. Sabato sono usciti dal Paese e hanno raggiunto la Polonia, poi da Varsavia hanno preso l’aereo che li ha portati a Milano.

«Dopo 19 giorni in attesa di spiegazioni ufficiali che non sono mai arrivate, abbiamo deciso di lasciare l’Ucraina - ha spiegato Sceresini, che per il momento non ha ancora programmato di tornare a Sondrio -. Era il 6 febbraio quando i nostri accrediti giornalistici sono stati sospesi dal Ministero della Difesa di Kyiv. Da allora non abbiamo più potuto svolgere il nostro lavoro di reporter, e per ragioni di sicurezza abbiamo dovuto lasciare il Donbass alla volta di Kiev.

Abbiamo contattato più volte le autorità ucraine, che sono state sollecitate, oltre che dall’ambasciata, anche dall’Ordine dei giornalisti, dalla Fnsi e dal nostro avvocato Alessandra Ballerini. Ci era stato detto che avremmo dovuto sottoporci a un interrogatorio da parte dell’Sbu, i servizi di sicurezza. Per 19 giorni, come ci era stato espressamente richiesto, abbiamo atteso con pazienza questa convocazione che tuttavia non c’è mai stata».

Non c’è stato altro da fare, quindi, che lasciare l’Ucraina e tornare in Italia, sperando, però, di poter presto ripartire se le condizioni dovessero cambiare.

«Io tornerei molto volentieri, bisogna vedere se mi ridanno l’accredito – dice infatti Sceresini -. Quello che è successo a me e ad altri colleghi è pericoloso, non può passare la linea che chi ha cercato di lavorare liberamente, senza fare il tifo ma semplicemente raccontando i fatti, debba essere considerato una minaccia per l’Ucraina».

«Non avevamo scelta»

«Il rischio è che il livello di libertà di stampa in questo conflitto si abbassi sensibilmente. Tutti i giornalisti stranieri avranno davanti agli occhi il nostro precedente, e chi probabilmente avrà la meglio - se si procederà in questo senso - saranno i propagandisti e gli uffici stampa. È per evitare questa prospettiva - nella speranza che le autorità ucraine tornassero sui loro passi - che abbiamo deciso di resistere per questi 19 giorni».

«Ma, alla luce di ciò che è successo - conclude -, restare non aveva più senso. periamo che tutto ciò sia comunque servito a lanciare un messaggio forte, contro ogni censura e contro ogni bavaglio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA