Runner morto, amici sotto choc
«Simone, correrai
per sempre con noi»

Parenti e amici sconvolti dalla morte del runner “Sixburton” Massetti, precipitato per 200 metri

Ieri mattina il riconoscimento della salma, nella camera mortuaria dell’ospedale di Sondrio, cui ha fatto seguito il nulla osta alla sepoltura da parte della Procura della Repubblica di Sondrio.

Quindi i funerali, che si terranno domani, alle 15.30, nella chiesa del Sacro Cuore e il trasferimento del corpo dello sfortunato runner, Simone “Sixburton” Massetti, 34 anni appena, nella sala del commiato della casa funeraria Nesa, in via Olanda, dove parenti e amici potranno fargli visita per l’ultima volta.

”Life is too short to be serious and sad” (la vita è troppo breve per essere seri e tristi), doveva essere la frase prediletta da Simone che, infatti, l’aveva inserita sotto la testata del proprio profilo Facebook e che, oggi, suona persino profetica alla luce del destino che lo ha strappato, di punto e in bianco, alla sua “corsa per la vita”.

Un colpo terribile per i famigliari più stretti, mamma Caterina e papà Renato, perché Simone era il loro unico figlio, e per nonna Bruna, tutti residenti a Sondrio.

Sotto choc l’amico che era con lui, sabato, quando è avvenuta la tragedia a quota 2400 metri lungo la cresta del monte Palino che dà sul versante della Val di Togno. Un runner di 32 anni, di Castello dell’Acqua, tesserato dell’associazione sportiva dilettantistica Castelraider, di cui faceva parte anche Simone, e che pur sconvolto dall’accaduto, ha avuto la prontezza di chiamare subito i soccorsi e indirizzarli correttamente sul target, dato che il collegamento telefonico andava a sprazzi, considerato che la zona in cui è accaduto il sinistro non è del tutto coperta dal segnale.

Aveva un sacco di amici, Simone, amici che, assicurano, su di lui potevano sempre contare.

«Si era tesserato con noi giusto quest’autunno - dicono da Castelraider -, era la nostra la sua prima squadra e, purtroppo, è riuscito a indossare la nostra canotta con addosso un pettorale una sola volta. Ora, però, correrà sempre con noi».

«Ad occhi estranei poteva apparire un esibizionista - dice il suo più prossimo compagno di squadra - con la sua mania delle foto con le “chiappe all’aria”, ma secondo me era il suo modo, forse provocatorio, di inneggiare alla libertà nel suo significato più pieno. Perché lui non aveva filtri. Per lui, come per tutti noi, la corsa in montagna è un continuo provare a migliorare se stessi, più che una sfida con gli altri».

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