Persi 80 negozi
Il commercio soffre
«Ma tiene ancora»

Attività di vicinato scese del 14% in 12 anni

Sondrio

Il commercio in città? Soffre e lo fa ormai da anni. A confermare la sensazione offerta dal numero crescente di vetrine vuote, arrivano i dati: dal 2008 ad oggi i negozi di vicinato sono diminuiti del 14% sul territorio comunale. E durante il periodo più duro della pandemia, il calo del fatturato è stato pesante. Anche se, mediamente la capacità di reazione delle attività cittadine nel loro complesso (industria e servizi) è stata migliore di quella mostrata nel resto delle provincia e regione.

A scattare la fotografia del tessuto economico di Sondrio, e non solo del distretto del commercio delimitato dalle vie Mazzini, Stadio, Stelvio e piazza Cavour dove insiste la gran parte delle attività, è il documento che accompagna la proposta progettuale “Verso Milano-Cortina 2026: Sondrio torna a colori” che il Comune, in qualità di ente capofila, è pronto a presentare a Milano a valere sul bando dei Distretti del commercio (Duc).

L’economia urbana è legata principalmente al settore dei servizi e del terziario (il 64% del fatturato totale), ma sono i negozi, insieme ai pubblici esercizi, a regalare vivacità alla città.

Attualmente sul territorio comunale ci sono 521 attività commerciali di cui 501 esercizi di vicinato. E sono proprio questi a mostrare la flessione più sensibile considerando che nel 2008 erano 580. Un calo progressivo di 79 unità che si vede e si sente. Le vie dello shopping, non in periferia ma appena fuori dal nucleo storico, sono più che appannate. A farla da padrone sono saracinesche abbassate e cartelli “affittasi” alle vetrine.

La gran parte delle attività commerciali (il 78%), per lo più negozi di vicinato (394 su 407) si concentra proprio all’interno dell’area del distretto lasciando scoperte ampie aree urbane. Uno sbilanciamento che coinvolge anche l’offerta dei pubblici esercizi, complessivamente 154 attività: il 63% all’interno della zona centrale. Una sovradotazione cui fa da contraltare una minor presenza nelle aree residenziali e nelle aree esterne.

In una situazione già di difficoltà si è aggiunta la pandemia, il cui peso però - secondo i dati Istat - risulta meno gravoso rispetto ad altre province lombarde. Complessivamente, tra industria e servizi, infatti, la media di chiusure temporanee del distretto risulta inferiore sia alla media provinciale che regionale: 44,4% contro 50,8% e 49,3%. Anche il fatturato ha subìto un decremento minore: -27,9% contro il -39% e il -45%.

Lo scostamento

Eppure le esperienze degli operatori secondo l’indagine svolta a luglio dai partner del Duc, le associazioni di categoria, tutto sono fuorché positive. Dall’analisi delle 42 risposte pervenute dagli operatori cittadini, emerge una situazione peggiore rispetto a quella delineata dai dati Istat, dichiara, infatti, di essere rimasto chiuso l’85,7% degli intervistati, e in generale oltre due terzi del campione dichiara di essere rimasto chiuso per 7 settimane o più, durante il lockdown.

Nessuna impresa ha visto crescere il proprio fatturato, e solo il 2,4% stima che sia rimasto invariato rispetto allo stesso periodo del 2019. Tra coloro che hanno registrato un calo delle vendite, il 35% le ha visto scendere di più del 50%. Quasi tre quarti delle imprese hanno dovuto richiedere ammortizzatori sociali, e il 43% delle imprese con addetti dipendenti stima di dover ridurre il proprio organico. Eppure la metà di chi ha risposto dice di voler investire per migliorare le proprie attività.

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