«Per bimba e mamma fatto tutto il possibile»

Raniero Spaterna , direttore del Pronto soccorso, racconta l’emergenza di sabato: un dramma umano che ha toccato tutti.

La direzione sanitaria dell’ospedale di Sondrio sta valutando «un esposto in Procura per tutelare l’immagine della struttura ospedaliera» e non conferma e non smentisce le frasi razziste che sarebbero state pronunciate al Pronto soccorso sabato mattina da parte di alcuni utenti. Semplicemente perchè «il personale non le ha sentite». La priorità era un altra: cercare di strappare alla morte quel fagottino di bimba, Mistura Alimi, giunta in ospedale in condizioni ormai disperate. A capo dell’équipe composta da due medici, sei infermieri e due ausiliari, c’era il direttore Raniero Spaterna.

Non è facile ripercorrere quei momenti, ma ci può raccontare cosa è successo sabato mattina?

Eravamo stati pre-allertati dalla sala operativa (a sua volta immagino contattata dall’automobilista) che stava arrivando un’auto con a bordo una bimba di pochi mesi. Alle 9,30 è entrata la vettura nello spazio riservato alle ambulanze (in gergo “camera calda”, ndr). L’automobilista, un valtellinese che credo sia stato fermato in strada dalle due donne, suonava il clacson per segnalare un’emergenza ed era seguito da una pattuglia dei carabinieri. Sono scese due donne: una aveva una figlioletta di due anni, l’altra teneva stretta al petto una neonata di pochi mesi. Noi eravamo già pronti nella “shock room” e appena ci hanno dato la piccola ci siamo concentrati su di lei.

La giovane donna di 22 anni era la madre della piccola, l’altra sua cugina, giusto?

Esatto. Erano molto - e comprensibilmente - agitate. Sono state accompagnate nella vicina sala di attesa della pediatria - sempre in pronto soccorso - dove un’infermiera si è presa cura di loro fintanto che si sono tranquillizzate.

In che condizioni è arrivata la piccola Mistura?

Direi disperate. Era in arresto cardiorespiratorio. Abbiamo chiamato un rianimatore e un pediatra - giunti subito -, praticato una rianimazione avanzata con massaggio cardiaco, effettuata la ventilazione dopo l’intubazione e abbiamo somministrato i farmaci necessari. Il cuore era fermo e non ha mai dato nessun segno di ripartenza. Dopo aver consultato la rianimazione pediatrica di Bergamo per avere un ulteriore conforto sul fatto che non ci fosse la possibilità di mettere in atto ulteriori misure di rianimazione di secondo livello, ci siamo dovuti arrendere. Ho dichiarato il decesso un’ora e dieci minuti dopo l’ingresso della piccola al Pronto soccorso.

Cosa è successo a quel punto?

Una parte dell’equipe è rimasta con la bambina. Un medico e un’infermiera l’hanno liberata dai tubicini, l’hanno lavata, fasciata e sistemata... Non è stato facile, mi creda. C’era grande emozione, molto dolore e occhi lucidi ovunque... Con il rianimatore nel frattempo ho raggiunto la giovane madre. Capiva poco l’italiano ed era in uno stato di agitazione importante, per cui ho parlato alla cugina in inglese. Le ho detto che abbiamo fatto il possibile, ma che la piccola non si era mai ripresa. A quel punto le due donne hanno reagito secondo un rituale che immagino consolidato nella loro cultura. Ho capito che quelle urla disperate, quei gesti anche plateali ai quali - certo - noi non siamo abituati - facevano parte di un comportamento codificato e le ho lasciate fare. Prima però, abbiamo preso in braccio la piccola di due anni che era sistemata sulla schiena della cugina, per evitare che si potesse fare male. E ci siamo allontanati, lasciandole sole.

Un momento toccante e anche - immagino - difficile da gestire...

Certo, di dolore soprattutto, perché casi così disperati che coinvolgono bambini così piccoli per fortuna sono rari a Sondrio. A questo dobbiamo aggiungere che anche la reazione delle due donne non è stata per così dire “comune” e proprio per questo un’infermiera si è affacciata nella sala d’aspetto del Pronto soccorso comunicando che era in corso una situazione delicata e di emergenza e che ci sarebbe voluto del tempo, che avrebbero dovuto avere pazienza... Abbiamo lasciato che le due donne potessero esprimere tutto il loro dolore poi, dopo circa 20 minuti, mi sono avvicinato alla cugina e in tono abbastanza deciso le ho detto che avrebbe dovuto aiutare la giovane mamma ad affrontare il momento più delicato. A quel punto si sono calmate entrambe e abbiamo accompagnato la donna nella sala dove avevamo preparato la sua bambina. Pareva un angelo....

Ne parla e si sente l’emozione e il pathos di quel momento...

L’abbiamo vista prendere in braccio la sua piccolina, accarezzarla, parlarle e piangere in un modo sommesso. Un momento toccante e molto intimo. Siamo rimasti lì con lei... a turno le siamo stati accanto. Forse le suonerà strano, sentirlo dire, ma le assicuro che in termini umani è stato tanto difficile quanto importante... Ci ha dato molto.

Di quello che stava succedendo nella sala d’aspetto, dei commenti razzisti e del “fastidio” manifestato da alcuni utenti?

Davvero non vi siete resi conto di nulla?

No, non ci siamo resi conto di nulla, né io né le persone che erano con me. Nemmeno dopo sono stato informato ed è solo leggendo i giornali che abbiamo appreso di queste... diciamo... esternazioni.

C’è qualcosa che vorrebbe dire?

Solo che questa vicenda ci ha toccati profondamente tutti. È stata una tragedia immane di fronte alla quale - lo dico con il cuore gonfio di dolore, ma anche pieno di orgoglio -, abbiamo saputo dare una risposta compiuta in termini professionali e di grande empatia umana nei confronti della piccola Mistura e della sua giovane mamma... Eventi come questi abbattono qualsiasi barriera culturale e travolgono ogni codice comportamentale: non c’è un modo “corretto” per manifestare il lutto: il dolore è dolore e in nessun altro luogo come il Pronto soccorso si è confrontati con l’essenza della vita. Ovvero la morte. Ogni commento è semplicemente superfluo.

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