«Pazienti in coda
Nell’emergenza di marzo
quelli non c’erano»

L’infettivologa Patrizia Zucchi è tornata al Morelli «Ora ricoveriamo gente che in marzo restava a casa»

«Cos’è cambiato rispetto alla primavera scorsa? Poco o niente. Anzi, forse l’unica cosa che notiamo ora e non notavamo a marzo sono i pazienti in coda per poter accedere ai reparti Covid. Questo sì. Ne abbiamo in Pronto Soccorso, a Sondalo, e nelle Osservazioni breve intensive di Sondalo e Sondrio».

Le parole sono di Patrizia Zucchi, 44 anni, di Ponte in Valtellina, infettivologa, in servizio in Medicina Generale all’ospedale di Sondrio. In condizioni normali, perché, in epoca Covid, ha spostato il proprio “baricentro”, come altri suoi colleghi, su Sondalo. Vi è salita il 12 marzo per scendere a luglio e, ora, tornarvi.

Da quando, dottoressa Zucchi, è risalita a Sondalo?

Da una settimana, ma sono salita anche in ottobre, in modo più saltuario. Sono al piano terra, ma, poi, fra noi medici, c’è talmente tanta collaborazione ed interscambio, che l’ubicazione è, per così dire, “mobile”.

Com’è attualmente la situazione a Sondalo?

I quattro reparti per acuti attivati al 1° padiglione sono al completo. Ulteriori posti letto sono in allestimento, ma abbiamo pazienti in attesa. Anche più di un giorno devono aspettare e questo è un aspetto con cui, a marzo, non avevamo dovuto fare i conti.

Come mai si è arrivati a questa situazione?

Perché ci sono più casi e perché ora si cerca di ricoverare tutte le persone che necessitano, evitando di lasciare a casa, ad esempio, persone che hanno una desaturazione significativa o una situazione di affanno importante. A marzo, purtroppo, è capitato che ammalati di questo tipo non trovassero assistenza ospedaliera. Ora si cerca di evitare tutto ciò, e questo ingrossa le fila dei pazienti ospedalizzati.

Avete anche pazienti più giovani rispetto alla prima ondata della scorsa primavera?

Non noto particolari differenze dal punto di vista dell’età e delle condizioni cliniche. Posso solo assicurare che i quattro piani del Morelli ospitano, nella stragrande maggioranza dei casi, pazienti valtellinesi e valchiavennaschi. Non abbiamo proprio spazio fisico per persone che arrivano da fuori provincia.

Quanto alle terapie praticate, ci sono novità?

No, purtroppo. Il 3 novembre scorso la Società italiana di malattie infettive ha diffuso un vademecum al quale ci atteniamo attentamente. Possiamo anche ricorrere al plasma convalescente e ad altre terapie sperimentali che, tuttavia, non hanno segnato un autentico cambiamento nella lotta al Covid. Guardiamo, invece, con interesse agli anticorpi monoclonali, utilizzati, ad esempio, sul presidente americano Trump, con efficacia notevole su pazienti al primo stadio della malattia, ma non nella fase avanzata. Al momento, però, soltanto in teoria perché non c’è la disponibilità di questi farmaci.

Per quanto riguarda il vaccino anti Covid, che speranze abbiamo di poterlo avere, a breve?

Stiamo osservando il lavoro di più case farmaceutiche con interesse, perché i riscontri appaiono interessanti e incoraggianti. La ricerca è a più stadi di avanzamento, tuttavia siamo vicini a soluzioni temporanee. Mi riferisco a vaccini che possano coprirci per breve tempo e che verranno affinati cammin facendo.

Lei lo farebbe ora?

Per quanto mi riguarda, mi sottoporrei subito al primo vaccino disponibile, indipendentemente dalla sua efficacia. Credo sia meglio una protezione limitata che nessuna protezione.

Consiglia l’antinfluenzale dottoressa?

Assolutamente sì. Abbiamo già i Pronto Soccorso zeppi di pazienti Covid, per cui non oso pensare cosa accadrebbe se associati a pazienti con complicanze serie influenzali.

Cosa vi aspettate per i prossimi mesi, qual è insomma la vostra prospettiva?

Difficile dirlo. Nell’immediato ci attendiamo che la curva dei contagi decresca grazie alle misure restrittive che sono state introdotte proprio per permettere di rallentare i ritmi di accesso in ospedale. Poi, ovvio, la conseguenza di questo è che se le attività ripartono, subito dopo, ripartirà anche il contagio.

Un autentico circolo vizioso.

Purtroppo, sì. Anche nel futuro, in presenza di restrizioni non proibitive, che tutti auspicano, sarà comunque richiesta una grande disciplina ai cittadini.

Perché le persone tendono a negare l’esistenza del Covid?

Penso perché credevano di essersi lasciati alle spalle una primavera dolorosa, dopo un’estate lieve. Ognuno di noi vorrebbe uscire da questo tunnel, ha il proprio vissuto psicologico ed è stanco. Ma occorre essere realisti. Il virus c’è e crea problemi. E’ aggressivo tanto quanto prima e non dobbiamo lasciargli spazi.

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