Metà riserve idriche
e meno 60% di neve
«Estate complicata»

Preoccupano i dati dell’osservatorio Anbi sulla siccità. Il riempimento del lago di Como è soltanto del 5,3%. Timori anche per la produzione di energia elettrica

Riserve idriche dimezzate, manto nevoso a un terzo del suo volume sulle montagne, in generale una situazione che in provincia di Sondrio, ma in tutto il Nord d’Italia, non fa stare tranquilli lasciando presagire un’estate quantomeno complicata sotto l’aspetto dell’approvvigionamento dell’acqua.

Dopo l’allerta arrivata già la scorsa settimana quando l’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po aveva certificato come le precipitazioni di inizio mese avessero mitigato solo parzialmente lo stato di grave carenza idrica, ieri è stato l’osservatorio Anbi sulle risorse idriche, convocato per fare il punto della situazione sempre più preoccupante, a parlare di un’errata percezione climatica con piogge e temperature basse dei giorni scorsi a far pensare che la siccità sia superata. Non è così.

E sono ancora una volta i dati a dirlo. Nel suo report settimanale, l’osservatorio segnala infatti come l’European drought observatory (Edo), l’osservatorio sulla siccità appunto, indichi una situazione di grave criticità con ampie zone in crisi estrema (il più alto grado di allerta) nel Nord Ovest d’Italia.

«Per capire la gravità della situazione, basti pensare che si avvicina il periodo di allagamento delle risaie, che non solo è una storica pratica agronomica, ma un determinante elemento di equilibrio ambientale con importanti ripercussioni sul bacino padano» evidenzia Francesco Vincenzi , presidente Anbi.E per restare alle risaie, in Piemonte le portate dei fiumi principali sono più che dimezzate rispetto al 2021.

Nella nostra regione non va meglio. L’Adda, all’uscita dal lago di Como, è ai livelli minimi dei recenti decenni a causa dell’eccezionale “magra” del Lario, di cui è emissario: il bacino di Como, infatti, è al 5,3% del riempimento, vicinissimo al suo minimo storico. E’ in calo anche il lago di Garda, così come il Maggiore riempito solo al 29,2%.

Nonostante le precipitazioni di inizio aprile che in una settimana hanno innalzato il manto nevoso del 35,5%, sulle nostre montagne continuano a mancare all’appello il 60% dei volumi nivali ed il 52% delle riserve idriche rispetto alle medie storiche. Decisamente tanto. Un problema che si fa serio anche per le centrali idroelettriche che in questo periodo dovrebbero essere alimentate dalla neve che fonde. Ma se la neve è poca è evidente che anche le turbine che sfruttano l’acqua per la produzione di energia entrano in crisi. In questo quadro preoccupante non fa eccezione il fiume Po, in ulteriore calo lungo tutta l’asta e con nuovi record negativi.

Un problema quello della siccità che si sta mostrando in tutta la sua gravità in questo periodo, ma che ha radici profonde. Il trend si protrae ormai da anni. Basti pensare che dal 2018 al 2020 in Europa sono state registrate condizioni climatiche calde e secche con eventi atmosferici eccezionali. Si tratta del peggiore dato - per intensità e durata - dal 1766 a oggi.

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