L’appello lanciato dal palco
«Sostenete la Vivaldi»

Il puntoIl maestro Passerini: «Questa orchestra deve diventare stabile» L’obiettivo: «Organizzare oltre ai concerti opere liriche e progetti culturali»

Non di solo pane vive l’uomo. E, senza scomodare l’essenza del messaggio evangelico, appare evidente quanto sia importante il dono della parola, di un “verbum” che incarni la divinità a cui l’uomo tende per sormontare il limite della semplice sussistenza. Eppure, c’è qualcosa che nel corso dei secoli ha affinato e trasfigurato l’opera dell’uomo esaltandolo al rango di “creatore”: quella scintilla divina infusa in una “immagine e somiglianza” che prefigura un celeste ritorno dopo il terreno esilio in cui lui dovrà guadagnarsi il pane col sudore della sua fronte, ma non gli impedirà di presagire le immagini eteree di un Eden che pare irrimediabilmente perduto.

Papi e principi hanno coltivato il culto della Bellezza sponsorizzando opere immortali come mecenati assetati d’Arte richiamando a corte gli ingegni più belli del tempo. Michelangelo non ci avrebbe lasciato il suo incanto celestiale nella Cappella Sistina o la sovranità scultorea della “Pietà”, né Beethoven avrebbe scritto la summa della musica sinfonica senza quell’ “attenta cura” dei suoi benefattori – o semplici estimatori danarosi - , anche se è morto povero in canna, senza nemmeno un frac dignitoso per presiedere alla sua ultima sinfonia.

Coperte troppo corte

E Mozart non avrebbe retto a lungo senza i suoi “parrucconi” altolocati. Poeti, musici, pittori, un tempo frequentavano i salotti “buoni” di notabili rampanti e nobildonne ingioiellate, a cui elargire i doni di una bellezza altera da cui il popolo era avulso. Poi l’Arte si fece figlio di Dio incarnato in un uomo, rendendosi “leggibile” a tutti. Peccato, però, per il triste detto “Senza soldi non si cantano Messe”. Terribile sentenza per sostenere la prosaicità del bisogno fin nelle cose sacre. Oggi c’è ben altro spietato editto che recinge il mondo artistico in una nicchia d’abside. E ci sono troupe cinematografiche o teatrali e compagini corali o sinfoniche d’alto rango che tentano dignitosamente di sopravvivere. Ma “le sovvenzioni” sono una coperta troppo corta.

Non a caso il maestro Lorenzo Passerini, al termine dello strepitoso concerto che ha portato al “Sociale” il talento virtuosistico del tenore Xavier Anduaga, ha rivolto un accorato appello all’intera cittadinanza.

«Ho avuto la fortuna di dirigere “La Sonnambula” al Teatro San Carlo di Napoli.

Lì cambiano i direttori orchestrali, cambiano i soprintendenti artistici, cambiano gli artisti provenienti da tutto il mondo. Ma quel che resta sempre al suo posto è l’“Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli”. E’ quanto vogliamo che sia la nostra orchestra “Vivaldi”. Io non sono legato a questo podio dove hanno diretto tanti altri ospiti portando in scena grandi artisti. Questa non è soltanto l’orchestra “Vivaldi», ma deve essere “L’Orchestra della Città di Sondrio, è stata la chiosa del direttore morbegnese raccolta dal pubblico presente in sala da un lungo e caloroso applauso di condivisione.

«Realtà sinfonica»

«Siamo l’unica realtà sinfonica del territorio riconosciuta come orchestra del Teatro, orchestra “in residenza” – continua Passerini - Non crediamo di essere monotoni anzi chiediamo la possibilità di organizzare oltre ai concerti, grandi opere liriche e progetti culturali, con garanzie di stabilità che ci permettano di poter programmare attività per il prossimo triennio.

La condizione è che l’Orchestra “Vivaldi” diventi “stabile”, affiancando l’opera di Sergio Dagasso e Roberto Spagnoli, “cittadini onorari” della città di Sondrio per quanto hanno fatto per l’Arte in 59 anni. Sosteneteci e aiutateci ad essere protagonisti come state facendo con la vostra presenza». Un appello accorato e coraggioso che merita la giusta attenzione. Perché non di solo pane vive l’uomo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA