L’addio a Stefanelli. Il dolore sui volti e la commozione

Sondrio A palazzo pretorio cerimonia per l’architetto scomparso a 86 anni. «Con lui si lacera un pezzo di tessuto della società». Fiori bianchi e rossi, accanto la bandiera della pace

I volti segnati dal dolore nelle due ali di folla all’uscita da palazzo pretorio, un lungo applauso sul rintocco delle campane della torre ligariana proprio lì davanti, la bandiera della pace adagiata accanto alla corona di fiori bianchi e rossi dei figli sulla bara che lascia alle spalle il comune e sulla sua sinistra la galleria Campello, con lo storico studio di architettura che tanta parte ha avuto nella crescita anche culturale del capoluogo.

E’ l’istantanea dell’ultimo saluto dei sondriesi, della città, a Piercarlo Stefanelli, l’architetto, già amministratore comunale - vicesindaco e assessore all’Urbanistica -, morto venerdì mattina all’età di 86 anni, che ha lasciato dietro di sé una lunga scia di opere, progetti, azioni, passione e impegno civico, tali da farne uno dei più fini e illuminati professionisti e intellettuali della provincia.

La cerimonia nel cortile di palazzo pretorio gremito, laica come fu per la prima volta nel 2017 per l’amico e compagno Sandro Sozzani (in quell’occasione fu la voce di Stefanelli ad essere rotta dalla commozione), davanti ai figli e ai nipoti, a tutti coloro che gli volevano bene, è stata aperta dal ricordo di Attilio Gugiatti, che con lui ha condiviso non soltanto l’esperienza amministrativa nella giunta Molteni (uno assessore all’Ambiente, l’altro all’Urbanistica), ma soprattutto un’amicizia lunga e profonda.

«Credo che il modo migliore per ricordare Piercarlo sarebbe il silenzio - ha detto Gugiatti, le mani tremanti, l’emozione a stento controllata -. Sarebbe andare in silenzio in giro per la città a guardare le cose grandi e piccole che ha fatto. Forzerò il silenzio non per ricordalo qui, ma per ringraziarlo per averci fatto capire la straordinaria importanza di valutare sempre il contesto, per quell’idea del mondo in cui i rapporti tra le persone sono importanti, per la capacità di ragionare in grande e incanalare la bellezza e i valori nelle piccole cose.

Lo voglio ringraziare anche per l’etica della responsabilità, per avere declinato nelle scelte di vita personali l’esempio migliore di socialismo secondo cui non si può essere felici se non lo sono gli altri, non si può godere della bellezza se anche gli altri non lo possono fare. I tuoi valori non moriranno mai».

Un socialista vero Stefanelli che, ironia della sorte o destino segnato che sia, è morto esattamente lo stesso giorno in cui fu ucciso Giacomo Matteotti nel 1924 e in cui se ne andò anche Libero Della Briotta nel 1985, come ha ricordato il segretario del partito socialista Ermanno Simonini che ha sottolineato il tratto di cortesia e umanità che ha sempre contraddistinto Stefanelli.

. Della sua passione, della sua instancabile voglia di esserci e cambiare il mondo con lo sguardo di un sognatore ancorato alla realtà ha parlato anche Stefano Angelinis, giovane consigliere comunale, prima che a prendere la parola fosse Alcide Molteni, il sindaco che lo volle vice e assessore in una giunta che era pressoché presente al completo ieri nel cortile della casa comunale, insieme ad alcuni esponenti di quella attuale, dall’assessore Mazza (architetto come lui) all’assessore Fratta, da Massera a Canovi.

«Stefanelli ha rappresentato la voglia di vivere e di dare colore alla città - ha ricordato Molteni con indosso una giacca blu elettrico «che gli sarebbe tanto piaciuta» -. Dai suoi viaggi in Europa con il camper, insieme all’amata moglie Bianca, traeva spunto per proporre bellezza anche qui a Sondrio. Aveva la capacità di disegnare e creare ponti, fisici e ideali. Con lui si lacera un altro pezzo di tessuto della nostra società che spero i giovani abbiamo voglia non di ricucire, ma di ricreare partendo da questo Comune che deve rimanere luogo di apertura e di impegno civile»

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