Scontro sul caso Mingarelli
La Procura: «La nostra certezza
Non è stato omicidio»

La risposta Il procuratore facente funzioni Antonelli interviene dopo le accuse dei legali della famiglia del giovane

«La difesa ha la certezza che si tratti di omicidio. La medesima certezza che non abbiamo avuto noi dopo aver compiuto ogni accertamento oggettivo. Per cui ora la parola passa al giudice».

Non lascia spazi ad alcuna interpretazione Elvira Antonelli, procuratore della Repubblica di Sondrio facente funzioni, all’indomani dell’uscita pubblica dei legali della famiglia Mingarelli, i quali giovedì hanno consegnato tutti i loro dubbi su quanto accaduto a Mattia Mingarelli, il 30enne di Albavilla, in provincia di Como, rinvenuto cadavere nel boschetto sotto i Barchi, di Chiesa in Valmalenco, alla vigilia di Natale del 2018, dopo essere scomparso il 7 dicembre precedente.

La Procura ha presentato alla fine di luglio, per la seconda volta, la sua richiesta di archiviazione per un caso che dal punto di vista penale, a suo avviso, non rivela, in quanto si tratterebbe di una morte intervenuta per incidente, mentre per i legali dei famigliari della vittima, si tratta di omicidio, o volontario o preterintenzionale.

Contro ignoti

E’ vero che il fascicolo in Procura, a suo tempo era stato aperto nei confronti di ignoti per omicidio, ma è anche vero che questa ipotesi di reato non ha ottenuto riscontri, tant’è che la stessa accusa ha chiesto e richiesto l’archiviazione.

«Tutti gli elementi di oggettività sono stati considerati, attentamente, senza tralasciare nulla - assicura il procuratore Antonelli - sia nel corso della prima indagine (compiuta dall’allora procuratore Claudio Gittardi, ndr), sia in seguito alle richieste di approfondimento, puntuali, giunte dall’allora giudice per le indagini preliminari Pietro Della Pona. Il quale, il 28 gennaio dello scorso anno, ci aveva rinviato gli atti, indicando punti specifici da riesaminare, cosa che abbiamo puntualmente fatto andando anche oltre, in modo da non lasciare nulla di intentato. Tutti i campi sono stati esaminati. Gli elementi di oggettività considerati e riconsiderati, in primis, sono quelli riferiti allo stato dei luoghi, agli esiti dell’autopsia e di tutti gli accertamenti successivi eseguiti, e al meteo che caratterizzava i luoghi al momento della scomparsa e del rinvenimento del cadavere. E da questa rivisitazione completa degli atti - aggiunge il procuratore - non sono emersi elementi che possano suffragare, al di la di ogni ragionevole dubbio, la tesi dell’omicidio. La stessa Procura Generale, alla quale è stata chiesta l’avocazione delle indagini, non ha ritenuto di concederla, per cui dobbiamo ritenere che l’operato di questa Procura sia stato consono».

Ricorso a Milano

Nell’autunno dello scorso autunno, i legali della famiglia Mingarelli, Stefania Amato, del foro di Brescia e Paolo Camporini del foro di Como, avevano adito anche la Procura Generale presso la Corte d’appello di Milano, chiedendo l’avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale. Richiesta che però la Procura Generale ha respinto, evidenziando che le indagini dovevano restare in capo alla Procura della Repubblica di Sondrio.

In una parola, un autentico braccio di ferro in corso fra i legali della famiglia Mingarelli e la Procura di Sondrio, ferma sulla propria posizione.

Il 2 febbraio prossimo sarà il giudice per le indagini preliminari Fabio Giorgi ad esaminare la seconda richiesta di archiviazione e i due atti di opposizione alla medesima. Probabilmente riservandosi qualche ora di tempo per le valutazioni del caso e decidere se scrivere la parola fine sulla delicata vicenda o se riaprire nuovamente il caso.

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