Influenza, ospedale pieno. «E non c’è ancora il picco»

EpidemiaAsst: ogni giorno trenta accessi al pronto soccorso pediatrico. Posti letto tutti occupati, l’invito è quello di rivolgersi prima al medico

L’influenza colpisce soprattutto i più piccoli, con pesanti ripercussioni sulle famiglie, sulla medicina territoriale, in particolare sui pediatri di libera scelta e sulla medicina ospedaliera. E se delle difficoltà che stanno affrontando i pediatri abbiamo detto solo pochi giorni fa, di ieri è il bollettino emesso da Asst Valtellina e Alto Lario rispetto agli accessi in Pronto soccorso pediatrico nelle ultime due settimane.

Nel reparto

Che si susseguono al ritmo di trenta al giorno e che nei casi più gravi sfociano anche nel ricovero ospedaliero, tant’è che nel reparto di Pediatria di Sondrio, l’unico di tutta la provincia, ci sono 18 posti letto occupati, contro una media di 8-10 in altri periodi.

«Da giorni, ormai in reparto, tutti i letti sono occupati - spiega Lorella Rossi, direttore del dipartimento Materno infantile di Asst Valtellina e Alto Lario - e anzi ne abbiamo aggiunti alcuni in più. Cerchiamo di garantire a tutti la massima assistenza e manteniamo attiva la rete di contatti con i centri lombardi di secondo livello per la gestione dei casi più gravi».

Una situazione impegnativa «diretta conseguenza - osservano da Asst - di un’infezione da virus influenzale e parainfluenzale che ha raggiunto i numeri di un’epidemia fra i bambini, in particolare quelli più piccoli, anche se non siamo ancora al picco».

E se non è ancora al picco una situazione in cui in Lombardia 40,8 bimbi su mille al di sotto dei cinque anni sono colpiti da virus influenzale, chissà cosa ci dobbiamo attendere quando il picco arriverà. Perché già oggi il sistema sanitario è sotto stress. E anche se al Pronto soccorso pediatrico di Asst «le visite sono garantite a tutti - assicurano dall’azienda ospedaliera - i tempi di attesa si sono dilatati e si è resa necessaria una riorganizzazione degli spazi e delle risorse per far fronte alle richieste in continuo aumento». Da qui l’invito rivolto ai genitori, «a raggiungere il Pronto soccorso solo nei casi che appaiono più preoccupanti per evitare sovraffollamento e disagio e rivolgersi in prima battuta al proprio pediatra».

Al riguardo, i pediatri da noi sentiti solo pochi giorni fa, invitano i genitori ad affidarsi a loro ad avere fiducia e seguire i loro consigli, anche nel post acuzie, quando il bambino ha superato il picco febbrile e si sta rimettendo, ma ha bisogno ancora di qualche giorno per poter tornare alla vita normale. Diversamente, la ricaduta è dietro l’angolo. Tra l’altro, sembra proprio questa la norma. Anche perché si tratta di un virus influenzale piuttosto insidioso, che agisce su bimbi resi fragili dalla protezione richiesta dalla pandemia.

Periodo particolare

«Il virus è arrivato in anticipo rispetto alle previsioni - osserva Lorella Rossi - trovando bambini fragili, che i due anni di isolamento e l’uso della mascherina hanno reso più vulnerabili perché privi di quelle difese immunitarie che si producono in tempi normali. Mi riferisco in particolare ai bimbi da uno a tre anni che, non avendo anticorpi, vengono colpiti dal virus respiratorio sinciziale, una delle cause più comuni della bronchiolite, forma infiammatoria dei piccoli bronchi che può essere particolarmente delicata nel neonato-lattante».

Come si cura

Quanto ai sintomi dell’influenza sono quelli noti: malessere generale, spossatezza, tosse, mal di gola e febbre anche molto alta, associati talvolta a vomito e diarrea. La cura prevede il ricorso all’antipiretico, eventualmente all’ibuprofene, sempre su prescrizione pediatrica, oltre al riposo e all’idratazione. L’antibiotico è invece riservato alle situazioni in cui le infezioni virali si complicano causando polmoniti e otiti e va somministrato su indicazione medica, generalmente cinque o sei giorni dopo l’esordio dei sintomi.

«Per i bimbi più piccoli, in particolare - conclude Rossi - è consigliabile evitare di frequentare i luoghi molto affollati come i centri commerciali e attendere la completa guarigione prima di riavviarli alla normale vita sociale. Per ridurre il contagio resta fondamentale lavare frequentemente le mani e rispettare il distanziamento sociale in presenza di persone raffreddate o influenzate a cominciare dagli stessi genitori o da chi si prende cura del bambino».

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