In città il caro pane. Colpa delle bollette

Un chilo è passato da 3,50 a 4,50, la segale a 7. Il presidente Cao: «Di metano pagavamo 500 euro, Ora sono 2mila al mese. Poi la gente compra meno»

Luci accese di notte, ma anche impastatrici e forni in funzione continuativamente per ore: il caro energia si sta facendo sentire nel settore della panificazione, con bollette a fine mese da capogiro, accanto ai già noti aumenti delle materie prime.

I dati

Diversi, appunto, sono i fattori che hanno determinato – da un anno all’altro – un rincaro significativo dei prodotti da forno. Secondo Eurostat, ad agosto nell’Unione europea si è registrato complessivamente un +18% rispetto allo stesso periodo del 2021.

In Italia, a detta del Codacons, «nello scorso mese il prezzo del pane è rincarato in media del 13,6%», qualche punto percentuale in meno, dunque, rispetto alla statistica europea. Se paragonato agli aumenti più consistenti (in testa l’Ungheria, con un +66%, seguita dal 32-33% in più di Lituania, Estonia e Slovacchia), potrebbe persino sembrare contenuto, anche se, a ben vedere, non è proprio così.

Infatti, «considerata la spesa annua delle famiglie, nel 2022 un nucleo di quattro persone si ritrova a spendere solo per pane e cereali ben 175 euro in più rispetto allo scorso anno, proprio a causa dei pesanti incrementi dei listini al dettaglio», aggiunge sempre Codacons. La causa «è ancora una volta da ricercarsi nel conflitto scoppiato in Ucraina e nella conseguente escalation dei costi delle materie prima, cui si associa nel nostro Paese anche l’emergenza energia».

Gli effetti della guerra, naturalmente, hanno avuto forti ripercussioni, ma per Luigi Cao, presidente del direttivo Panificatori e pasticceri dell’Unione commercio Sondrio, non è solamente questo il punto. «Bisogna riconoscere – spiega – che l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica è in corso da diversi mesi, già da prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Non possiamo attribuire a questo evento tutte le colpe per i rincari delle materie prime: siamo di fronte a un forte sistema speculativo».

Certo è, comunque, che «nel primo semestre abbiamo visto una crescita continua dei prezzi degli ingredienti, con picchi anche dell’85% in più. Dall’altra, non abbiamo effettuato ritocchi eccessivi sul prezzo finale: in media, l’incremento anche qui da noi si posiziona tra il 10% e il 12,5%». Se una volta un chilo di pane bianco – in media – costava tra i 3,50 e i 4 euro, «oggi siamo sui 4,50 almeno». Discorso diverso per i cosiddetti “pani speciali”, difficili da trovare «sotto i 5,50 euro per via degli ingredienti al loro interno. Ancora, la ciambella di segale 100% Valtellina viene circa 7 euro al chilo».

Meno consumi

Per Cao – che sforna, ogni giorno, circa 450 kg di pane, venduto in tre negozi e altre rivendite sul territorio e consegnato in case di riposo e mense – «è stata una legnata la bolletta del metano: siamo passati da 500 a quasi 2000 euro, un vero e proprio colpo».

Infine, una considerazione sulle abitudini a tavola. «Una quindicina di anni fa si parlava di 350 grammi di pane al giorno a testa, scesi ora a 80. In molti casi, è stato sostituito con altri prodotti da forno, come i grissini». Anche per questo, la panetteria «si conferma un settore in grande evoluzione, attento alle esigenze del consumatore, molto più consapevole al momento dell’acquisto: la gente oggi acquista giorno per giorno per non rischiare di sciupare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA