«Il pilota ha evitato di precipitare sulle case»

Albosaggia La ex moglie del pilota morto: «L’elicottero era piegato verso il suo lato, ha salvato il ragazzo». Intanto i carabinieri hanno sentito il giovane superstite di 17 anni, ricoverato all’ospedale di Bergamo

È stato sentito ieri dai carabinieri, velocemente e per una prima volta, il 17enne di Abbadia Lariana che viaggiava sull’elicottero precipitato mercoledì ad Albosaggia. Il ragazzo era al fianco del pilota Giovanni Murari, morto nell’impatto.

Pur se ricoverato al Papa Giovanni XXIII di Bergamo e in prognosi riservata (ma non critico), il ragazzo ha risposto ai militari che, al momento, nulla lasciano trapelare circa il contenuto della conversazione.

Intanto Cristina Stropeni, ex moglie di Giovanni Murari, il comandante pilota della Eurotech Helicopter di Caiolo morto nell’incidente aereo di mercoledì, ad Albosaggia, non ha dubbi: Giovanni ha fatto tutto il possibile per salvare il ragazzo che trasportava.

«Ho sentito che Giovanni avrebbe provato una manovra disperata per salvarlo e non mi riesce difficile crederlo - ha detto al quotidiano L’Arena di Verona, terra d’origine di Murari -, anche perché abbiamo visto come l’elicottero schiantatosi al suolo fosse piegato proprio sul lato del pilota. Il mio ex marito era affidabile in volo e sapeva come affrontare le situazioni difficili. Ne aveva vissute molte, in passato. È incredibile pensare - osserva - che se ne sia andato proprio in un periodo in cui, come istruttore di volo, correva meno rischi rispetto al passato».

Va ricordato che il volo fatale di mercoledì non era d’istruzione, ma turistico. Murari aveva semplicemente portato il ragazzo, con il quale non aveva vincoli di parentela, a effettuare un sorvolo sulle montagne di casa nostra. Stava rientrando dalla Valmalenco verso l’elisuperficie di Caiolo alla guida del suo mezzo privato, un Robinson R22 Beta, quando ha dovuto tentare una manovra di atterraggio in emergenza, in autorotazione, al Torchione. In giornata aveva già fatto altri viaggi.

«Io non ho assistito alla manovra - dice Graziano Murada, sindaco di Albosaggia -, ma basta vedere i luoghi per capire che il pilota ha fatto l’impossibile, non solo per salvare se stesso e il suo passeggero, ma anche per non coinvolgere il centro abitato. Questo è pacifico. Se purtroppo la cosa è riuscita solo in parte è unicamente per via di una tragica fatalità. Sopra Albosaggia passano regolarmente l’elicottero di Areu, elicotteri civili, aeromobili, alianti, deltaplani, passa di tutto, ma non è mai successo niente».

Eppure mercoledì alle 18.17 l’I-Jade di Giovanni Murari, abbassatosi troppo di quota, per causa di forza maggiore ha toccato il cavo di guardia dell’alta tensione (quello senza corrente) e lo ha strappato via, precipitando a terra.

Ricostruire l’accaduto non è facile, perché oltre ad approfondire la testimonianza del passeggero occorrerà attendere gli esiti dell’autopsia, che sarà effettuata a inizio settimana, per capire se il pilota sia stato vittima di un malore. Poi toccherà ai periti esaminare i rottami del piccolo elicottero, messi sotto sequestro, e trarre le loro conclusioni.

Le indagini sono in capo al sostituto procuratore Stefano Latorre, sotto il coordinamento del procuratore Piero Basilone. Il fascicolo è stato aperto verso ignoti per i reati di omicidio colposo, lesioni colpose e disastro aviatorio colposo. Un’indagine parallela è stata aperta dall’Anvs, Agenzia nazionale per la sicurezza del volo.

Giovedì i congiunti più stretti di Giovanni Murari, la ex moglie Cristina e i figli Stefano, 22 anni, e Matteo, 20, sono saliti a Sondrio da Capriate San Gervasio, nella Bergamasca, dove vivono e dove viveva Giovanni, per vedere il luogo dell’incidente e per una prima visita alla salma. «È stato un momento difficilissimo per tutti noi - ha dichiarato Cristina - e, in particolare, per i miei figli».

Che ora attendono i tempi della giustizia per poter tornare in possesso della salma del loro congiunto destinata, però, a essere tumulata a Pressana, nel Veronese, suo paese d’origine.

«Qui c’è la tomba di famiglia - dice Augusto Murari, fratello della vittima, primogenito di sette fratelli oggi rimasti in quattro - e ci sembra giusto che Giovanni riposi qui, con genitori e fratelli. Appena ce ne daranno la possibilità, verremo a Sondrio per poterlo vedere e portare a casa».

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