Il covid cambia la rianimazione
In caso di infarto
niente respirazione bocca a bocca

Si complica l’approccio alla rianimazione cardio polmonare in una persona in arresto cardiaco, in epoca covid.

Sondrio

Si complica l’approccio alla rianimazione cardio polmonare in una persona in arresto cardiaco, in epoca covid. Questo per la necessità di tutelare il soccorritore dal contagio, che potrebbe essere enormemente facilitato dal ricorso alla pratica della respirazione bocca a bocca.

Vietata dalle linee guida introdotte dall’Inail rispetto al comportamento da tenere dagli assistenti bagnanti, quando debbano rianimare persone in arresto cardiaco o annegate, i quali dovranno procedere solo eseguendo compressioni toraciche.

«Il problema non riguarda, però, solo gli assistenti bagnanti, ma tutta la popolazione e, in particolare, i cittadini che hanno imparato le tecniche di rianimazione cardio polmonare in seguito a corsi aziendali, previsti per legge, o alla Croce Rossa - sottolinea Gianfranco Cucchi, cardiologo, già primario di Unità Coronarica a Sondrio -. È proprio in seguito a queste buone pratiche che, in questi anni, le persone colpite da arresto cardiaco e trattate da personale non medico sono sopravvissute in numero maggiore».

Si parla di 60mila persone, una su mille abitanti, che, in Italia, vengono colpite da morte improvvisa e, se non trattate subito, entro quattro minuti, non sopravvivono. Mentre la percentuale di sopravvissuti sale fino al 60% se viene attuata una rianimazione cardio polmonare consona.

Come fare, però evitando di ricorrere alla respirazione bocca a bocca che, di regola, fa parte del protocollo?

«In aiuto giungono le norme procedurali dell’European Resuscitation Council, riferite a tutti coloro che siano testimoni di un arresto cardiaco - sottolinea Cucchi - in cui sia necessario eseguire la rianimazione cardio polmonare e-o utilizzare un defibrillatore semi-automatico esterno presente sul territorio».

Un percorso in cinque punti che, il cardiologo ci aiuta a mettere in pratica correttamente. «Innanzitutto - dice - occorre appurare lo stato di coscienza in cui si trova la persona in arresto, scuotendola nella parte inferiore del corpo. Poi si valuta il respiro solo guardando il torace della vittima per capire se respira normalmente, senza avvicinare il proprio volto al suo. E, a quel punto chiamare il 112/118 per ricevere assistenza dall’operatore. Se la vittima non è cosciente e non respira o non lo fa normalmente, si iniziano le compressioni toraciche senza ventilare bocca a bocca. Si mettono le mani al centro del torace e si spinge con profondità di 5-6 cm e una frequenza di 100-120 al minuto, senza interruzioni». Una pratica che richiede anche una certa resistenza psico-fisica, alleviata dall’eventuale disponibilità del defibrillatore da utilizzare invece, in modalità standard.

© RIPRODUZIONE RISERVATA