«Ho spinto la carrozzina 120 mila volte e ho vinto lo Stelvio»

La storia di Federico Rossi, sul passo in carrozzina. «Penso che il mio esempio possa servire ad altri. Sapevo che la testa avrebbe fatto la differenza Infatti sono riuscito a superare i 48 tornanti»

Quando un ostacolo immenso ti si para davanti meglio non guardarlo nel suo insieme, perché sembra impossibile superarlo.

Invece pensi solo alla prossima spinta, poi si vedrà. Per scoprire che con la forza delle sole braccia sei stato capace di salire un dislivello di 1.800 metri su 25 chilometri di salita, che ti ha portato su uno dei passi alpini più difficili in Europa.

Il silenzio della strada, rotto solo dal fiatone della fatica e da qualche rara auto che passa mentre il vento man mano in altitudine porta a cambiamenti improvvisi del tempo.

Ma alla fine sei lì, addirittura arrivi in cima ancora prima delle tue previsioni e intanto la tua testa fa un calcolo e ti accorgi di avere spinto di braccia per oltre 120mila volte.

Forse la recente impresa di Federico Rossi si può riassumere così, o forse no. Perché nella storia di un ragazzo vicentino 28enne, che decide a fine settembre scorso di scalare con la propria carrozzina il Passo dello Stelvio dal lato altoatesino, ci sono tantissimi risvolti.

Perché in 120mila spinte di braccia si può nascondere il racconto di una nuova vita iniziata a 14 anni, quando una infezione virale fa perdere a Federico l’uso delle gambe.

Perché hai pensato allo Stelvio per la tua impresa?

Realmente perché è stato il primo passo che ho visto tra delle immagini e i suoi 48 tornanti. Forse è stato quello lo stimolo iniziale, superare quei 48 tornanti per salire. Mi chiedevo, come è possibile che con la mia carrozzina riuscirò a farlo? Allora nella mia mente ho fissato come un post it e ho pensato che ce l’avrei fatta. Da lì è iniziato il lavoro importante.

Ma veramente hai contato le spinte per arrivare in cima?

In verità all’inizio mi ero preso l’impegno poi però la concentrazione per salire mi ha fatto mettere da parte questo proposito. Poi mi sono fatto un calcolo e direi di sì, ho spinto per 120/130mila volte, di sicuro la forza mentale è stata importante ma anche l’allenamento è stato fondamentale.

Come mai hai affrontato questa impresa a fine settembre, con un meteo più rischioso

Stavo attendendo l’arrivo del nuovo telaio della carrozzina super leggera, che mi sarebbe servita per affrontare lo Stelvio. Ho dovuto quindi ambientarmi con il nuovo telaio per alcune settimane, poi comunque certo il 24 ma il meteo effettivamente è stato molto clemente. In quanto se avessi atteso di una sola settimana avrei trovato solamente neve.

Hai avuto un momento di crisi durante la salita?

No, anzi, mentre salivo quasi mi dispiaceva andare avanti, in strada ho avuto la certezza che sarei arrivato in cima e mi stava sfuggendo poco alla volta ogni attimo. Quel momento che avevo atteso stava scivolando via perché mi sentivo molto bene e avrei voluto ritornare giù a rifare tutto perché era troppo emozionante. Quindi no, non c’è mai stato un momento di crisi, l’integrazione è stata perfetta, il rispetto verso me stesso altrettanto. Non ho mai voluto osare fare quella fatica in più perché sapevo che sarebbe stato rischioso.

Come hai gestito la questione del cambio di altitudine e quindi del minore ossigeno?

Anche qui in realtà è andata benissimo, non ho mai avuto un affaticamento. Quando ho superato i 2mila metri di altitudine è stato il momento in cui stavo bene, forse anche grazie all’avvicinamento in quota che per forza di cose era molto lenta, parliamo di una progressione di 3/4 chilometri orari, quindi una media molto bassa. Questo mi ha portato a far sì che arrivare in quota non mi ha portato per niente affaticamento, non ho mai avuto momenti di mancanza di lucidità. Anzi, superati i 2mila metri ho visto il Gps ho detto: ok perfetto ci si spinge e si arriva.

Ma hai avuto modo di preparati in altitudine?

Assolutamente no non ho mai raggiunto i 1800 metri di dislivello in allenamento, al massimo i 1200 metri, quindi sapevo di essere scoperto per 600 metri di dislivello ma ero certo che la testa avrebbe compensato in maniera pazzesca.

Visto come hai affrontato questa impresa, è un tipo di attività che consigli a ragazze e ragazzi nella tua stessa condizione?

Mi vien difficile dire di prendere ispirazione da me perché credo di avere fatto qualcosa di folle. Però se può essere di stimolo ai tanti che si trovano oggi in una situazione molto ferma, dove magari non hanno neanche lo stimolo familiare che ti spinge a provare a osare. Ecco, invece non sbagli se provi. Si può iniziare con qualcosa di semplice da raggiungere e scoprirete che gli obiettivi man mano diventano sempre più grandi.

Adesso so che stai puntando a nuovi passi alpini da scalare. Hai pensato anche alla provincia di Sondrio?

Sto studiando le localizzazioni bene dei passi per cercare di programmare un dislivello maggiore dei 1.800 fatti. Sia mai che adesso non voglia tentare di salire dal versante di Sondrio, nel giro di qualche settimana deciderò quale sarà la mia sfida del 2023.

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