«Funghi, che paradiso, qui trovo ancora oggi delle specie mai viste»

Angelo Bincoletto Esperto e conoscitore della Valle, è stato ospite d’onore alla mostra allestita nella sede del Bim a Sondrio

L’edizione 2022 della mostra micologica - tornata due weekend fa a dopo alcuni anni di stop imposto dalla pandemia - verrà ricordata soprattutto per la presenza significativa di visitatori che, approfittando delle conoscenze e dei consigli degli esperti dell’Associazione micologica retica “Martino Anzi” di Sondrio, negli ultimi due giorni hanno potuto approfondire alcuni dettagli del complesso mondo dei funghi.

Tanti appassionati, altrettanti semplici curiosi: la suggestiva location della Sala delle Acque del Bim è risultata la cornice perfetta per un’occasione preziosa di divulgazione e di approfondimento.

Il tutto è stato impreziosito da un ospite d’onore, ossia Angelo Bincoletto, esperto micologo e fotonaturalista, nonché docente delle scuole per ispettori micologi della Lombardia e della Calabria.

Profondo conoscitore delle montagne della provincia di Sondrio, a lui abbiamo fatto alcune domande per avere un quadro di quest’ultima stagione di funghi, pesantemente condizionata dall’effetto del caldo e della siccità.

Angelo Bincoletto, da cosa nasce la sua passione per i funghi?

Da giovane mi sono avvicinato a questo mondo così variegato per pura curiosità: ho avuto la fortuna di vivere in Brianza, a pochi minuti di viaggio dalle montagne. All’inizio cercavo i funghi per mangiarli, poi ho iniziato ad approfondire le diverse specie per capirne qualcosa di più.

Un interesse che è diventato un mestiere, insomma.

Sì. Ricordo, in particolare, di aver partecipato con il gruppo di Barlassina (Bincoletto, tra le altre cose, è anche vicepresidente e responsabile scientifico del locale sodalizio “Mario Galli”, nda) alla prima commissione scientifica nazionale nel 1977. Nello specifico, mi sono sempre dedicato all’ambito della microscopia all’interno del centro micologico lombardo: è importante poter catalogare con certezza le differenti specie di funghi.

In Valtellina, allora, ha trovato pane per i suoi denti.

Assolutamente: qui mi sento a casa, si riesce a collaborare molto bene. E poi il vostro è un territorio di una bellezza estrema, con ambienti anche molto differenti tra loro - il fondovalle e le varie valli laterali, per dire - che si sposano perfettamente. Davvero, siete i custodi di specie uniche nel loro genere, alcune particolarmente rare.

Di cosa si occupa, nello specifico, quando torna in provincia di Sondrio?

Soprattutto dello studio dei macromiceti delle cosiddette “praterie estreme”: il Gavia, lo Stelvio o la Valle dei Forni, per fare degli esempi, territori che sono più isolati rispetto ad altri e che, quindi, hanno una ricchezza indescrivibile. Saranno centinaia, anzi, migliaia, le specie ancora da studiare, alcune delle quali sono arrivate con le grandi glaciazioni: ancora oggi mi capita di trovare funghi mai visti prima.

In che misura il cambiamento climatico sta colpendo questi organismi?

I miceli fungini, ossia la pianta vera e propria, vivono sui primi sette centimetri di spessore del terreno. Naturalmente, se viene meno l’acqua piovana, il micelio non può produrre il frutto, eccezion fatta per quelle specie che definiamo “simbiotiche” perché si legano alle piante. Di sicuro, comunque, non si può pensare di avere funghi senza la pioggia.

Com’è la situazione in questo preciso momento dell’anno in provincia di Sondrio?

Le precipitazioni degli ultimi giorni sono state preziose, al termine di settimane dure da questo punto di vista. Nel complesso, il problema si è diffuso a macchia di leopardo, nel senso che a zone meno fertili - come il paesaggio retico - si contrappongono aree più produttive: a far la differenza, ancora una volta, è l’umidità del terreno.

Anche per questo bisogna confidare in un inizio di autunno sotto il segno della pioggia: è così?

Sicuro. È importante anche che il vento sia limitato: si tratta del nemico principale dei funghi, dato che disidrata il terreno e, di conseguenza, contrasta l’attività del micelio.

Da esperto, di quali altri cambiamenti si è accorto nel corso degli anni?

Ciò che più sorprende è trovare specie proprie, un tempo, dei 2.000 metri oggi a quota 2.500: vuol dire che le condizioni ideali si sono spostate, man mano, sempre più in alto. Si tratta, tuttavia, di un equilibrio particolarmente fragile e precario: per creare un buon habitat deve passare un po’ di tempo, cosa che non sempre accade, se pensiamo agli sbalzi di temperature improvvisi tra una stagione e l’altra.

Perché è importante che i funghi continuino ad abitare i nostri boschi?

Essenzialmente perché, senza di loro, i terreni sarebbero sterili, visto lo scambio particolarmente prezioso di sostanze tra queste specie e le piante. I funghi, in fondo, sono sempre stati un po’ troppo bistrattati, non essendo ritenuti né animali, né vegetali: oggi, invece, fortunatamente abbiamo scoperto tante - non ancora tutte - caratteristiche di questi organismi.

Apriamo un capitolo sulla sicurezza: che consigli si sente di dare ai cercatori?

Innanzitutto, di non andare mai da soli: potrebbe essere parecchio pericoloso. E poi, è importante essere equipaggiati al meglio, tenendo conto delle condizioni climatiche, ed evitare zone impervie: meglio raccogliere un porcino in meno che non rischiare la vita con il cestino pieno.

A proposito di cestino, quale suggerisce di utilizzare durante un’escursione?

Dev’essere aerato, sconsigliato, quindi, un sacchetto di plastica che facilita soltanto processi di fermentazione. Meglio se con due scompartimenti, uno per i funghi commestibili, uno per quelli sospetti, dei quali non si è sicuri, da far poi analizzare.

Per concludere, veniamo ai piaceri della tavola. Qual è la sua ricetta culinaria preferita a base di funghi?

Potrà sembrare strano, ma non li mangio da molti anni. Nasco micofago, ma poi sono divenuto micologo e ho fatto questa scelta: diciamo che sono un vegano dei funghi (ride, nda). A prescindere, comunque, il mio suggerimento è di non abusarne e di avere certi accorgimenti nel momento della cottura: quando si fanno bollire, ad esempio, è meglio non coprire la pentola con il coperchio, altrimenti le sostanze tossiche non hanno la possibilità di evaporare.

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