Centinaia di fedeli
alla processione
«Non era scontato»

Chiesa Dopo tre anni tornata la Via Crucis itinerante L’ultima volta la partecipazione era stata inferiore Il clero cittadino ha guidato il corteo con il Cristo morto

Prima la pioggia, nel 2019, poi due anni di pandemia avevano impedito lo svolgersi della tradizionale processione cittadina, con il simulacro del Cristo morto, che venerdì sera è potuta tornare con una grande partecipazione di fedeli, seppur inferiore a quattro anni fa.

«Non era scontato essere così numerosi dopo questi anni», ha voluto sottolineare l’arciprete, don Christian Bricola, che assieme a tutti i confratelli sacerdoti che svolgono il loro ministero in città ha camminato davanti al carro del Cristo morto lungo le vie del centro.

Testimonianze

Ad accompagnare la meditazione, in cinque stazioni della Via Crucis itinerante, le testimonianze del beato Teresio Olivelli, originario di Bellagio, del malenco padre Giovanni Giordani, di don Roberto Malgesini, poi di padre Ugo De Censi e del Servo di Dio fratel Giosuè Dei Cas.

Al rientro della processione in chiesa, don Bricola ha voluto offrire ai presenti una riflessione sul mistero del dolore. «Dopo che - ha sottolineato - arriviamo da anni difficili, in cui abbiamo sofferto tanto. E anche negli ultimi mesi vediamo tanta sofferenza a motivo della guerra». Quindi, l’arciprete ha voluto proporre una sintesi delle reazioni umane davanti alla sofferenza. «C’è chi vede il dolore come una sfida o una battaglia - ha affermato - e dimostra forza e coraggio che non tutti hanno. Poi c’è chi vive la rassegnazione, pensando di poter non far niente altro che subire. Oppure chi si rivolta con robbia, dicendo: “non è giusto che succeda a me”. E ci sono ribellioni che a volte finiscono nella disperazione».

Alle reazioni umane don Bricola ha contrapposto quelle che dovrebbero essere quelle di chi crede. «Chiediamo a Gesù - ha proseguito - come ha sofferto sulla croce e cosa ci può insegnare. Lui non ha fatto l’eroe né si è disperato o rassegnato. Si è arreso, non al dolore, cui i cristiani non si arrendono mai, ma nelle mani di Dio e si è fatto abbracciare da lui».

Un atteggiamento che l’arciprete ha invitato i suoi parrocchiani a fare proprio. «Se ci arrendiamo a Dio - ha aggiunto - entrerà nella nostra vita una forza grandissima, perché sarà lui a sostenerci. La sofferenza si trasformerà e diventerà momento importante della nostra vita». Questo perché - ha rimarcato l’arciprete - «Gesù ha salvato il mondo in croce, nella sua sofferenza, ed è stato quello il momento più fecondo della sua vita». Così, secondo don Bricola, per ciascuno «il momento più fecondo della nostra vita, in cui possiamo fare del bene agli altri, è quello in cui ci arrendiamo, ci affidiamo a Dio e resistiamo per rimanergli attaccati. Questo è il momento in cui possiamo cambiare le nostre vite. Non quando soffriamo, ma quando offriamo».

La preghiera

Chiedendo per tutti il dono della salute, l’arciprete ha voluto concludere la sua riflessione con una preghiera. «Se qualcuno di noi sta già male o dovrà affrontare qualche fatica - ha detto -, chiedo che il Cristo crocifisso ci aiuti a vivere questi momenti come li ha vissuti lui. Avremo una forza e una pace dentro che possiamo accogliere come dono del Crocifisso risorto».

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