«Bollette alle stelle. Altro negozio chiuso
così sarà una strage»

La crisi delle attività Svendita totale da Redaelli scarpe. Marini del Berry’s bar: «Conti quadruplicati per la guerra. I clienti sono dimezzati, non so come faremo a Natale»

«Quando chiudono i negozi storici è un brutto segnale. E c’è davvero di che preoccuparsi». A maggior ragione se tra chi ha deciso di abbassare definitivamente la serranda c’è l’attività che sta a due passi dal tuo locale e soprattutto se per continuare a tenere le porte aperte devi accollarti 16 ore di lavoro al giorno, i costi tutti con aumenti a tre cifre e la clientela, unica a registrare il segno meno, in calo.

Tutti preoccupati

Preoccupazione, rabbia, rassegnazione e fatica. C’è tutto nelle parole e nello sguardo di Mattia Marini, da diciassette anni gestore del centralissimo Berry’s bar di Sondrio, dall’altra parte della strada rispetto al negozio di calzature Redaelli (1861) che ha deciso che il gioco non vale più la candela e sotto i portici da sabato ha coperto le vetrine con l’annuncio della svendita totale.

«Se va avanti così dopo Natale ci sarà una strage commerciale - dice Marini -. Gli esercenti non ce la fanno più e la città muore». Le voci di future imminenti chiusure si rincorrono. Le bollette dell’energia elettrica con incrementi a tre cifre non lasciano molto scampo. Lo sa bene Marini.

«Ad agosto mi è arrivata una fattura da 4.400 euro - dice -. L’anno scorso nello stesso periodo era stata di 1.100. Non è andata meglio a settembre e immagino che quando comincerà il freddo sarà anche peggio. Ricordo che la mattina in cui mi è arrivata la bolletta via mail non volevo neppure aprire il locale. Volevo mollare tutto».

«Ma come si fa?- ragiona - Io ho quattro dipendenti che a loro volta hanno famiglie da mantenere, ma sono arrivato al punto di dover decidere se pagare gli stipendi o l’elettricità».

Servono interventi seri

Una situazione insostenibile che mette in serissima difficoltà le attività minando al tempo stesso la tenuta del tessuto socio economico del capoluogo. La colpa è della guerra in Ucraina e della conseguente crisi energetica, ma anche la pandemia con il cambio di abitudini che ha portato con sé ci ha messo del suo. Soprattutto in una città di terziario come Sondrio.

«Lo smart working ha ridotto del 50% le presenze - dice Marini -. Prima del Covid facevo una sessantina di coperti al giorno, adesso quando arrivo a trenta sono felice. In questi due anni ho dovuto ridurre il personale di un dipendente e mezzo (part time). Ho limato tutto il possibile, ma più di così non so davvero cosa fare».

Occhi e attenzione sono tutti puntati sull’Europa e sul Governo nella speranza che ci sia un intervento serio soprattutto sugli extraprofitti che in questa situazione risultano davvero inaccettabili per chi prova a resistere all’ondata di rincari.

«E poi - aggiunge Marini - bisognerebbe intervenire sulla questione del lavoro a distanza. Lo smart working ci sta letteralmente uccidendo. Al momento è stato prorogato fino a fine anno, ma io temo che se andrà avanti così in molti tireranno fino a Natale per cercare di portare i conti se non in pareggio almeno in una situazione migliore e poi chiuderanno».

Gli eventi non bastano

Marini riconosce che per quanto può l’amministrazione comunale sta facendo il possibile, «ma - sottolinea - non siamo una città turistica. La gente viene da fuori solo quando c’è qualche evento, per il resto non abbiamo una grande capacità attrattiva».

E così colazioni, pranzi e aperitivi riducono drasticamente i numeri.

«E non è una questione di impegno - aggiunge Marini -. Cerco sempre di organizzare serate e cene a tema, e come me molti colleghi, lavoro dall’alba a notte fonda, ma se la gente non esce di casa c’è poco da fare. E’ durissima. Superare il Natale in queste condizioni sarà difficile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA