Area ex Fossati, qualcosa si muove. Sì alla bonifica, ma la fa il Comune

Zone dismesse A disposizione 3,8 milioni dal Pnrr. La società proprietaria non si è mossa, ci pensa lo Stato. Una volta terminata, si deciderà sulla destinazione

Area Fossati, con 3,8 milioni di euro del Pnrr parte l’iter per la bonifica dell’ex cotonificio tra le incognite sul suo futuro utilizzo.

Dopo anni di silenzio e stallo, interrotti solo nel 2021 dall’annuncio dell’allora vicepresidente della commissione finanze della Camera Giovanni Currò del M5S dell’inserimento del sito nell’elenco di quelli “orfani”, ovvero aree ex industriali contaminate la cui responsabilità dell’inquinamento non è più attribuibile a nessuno, da finanziare con le risorse del Pnrr, giovedì sera è stata la commissione consiliare di palazzo pretorio presieduta da Filippo Rebai a tornare a parlare di quei 42mila metri quadrati abbandonati dopo l’addio alla produzione della Newcocot più di dieci anni fa.

Il punto

Ad offrire l’occasione per fare il punto su una delle ferite aperte del tessuto urbanistico cittadino sono state deduzioni e contro deduzioni alle osservazioni presentate sulla variante al Pgt cui l’amministrazione sta lavorando da tempo insieme all’architetto Sergio Dinale.

Tra le richieste pervenute anche quelle per l’eliminazione di una serie di condizionamenti della scheda dell’area ex Fossati da parte di ”Fossati 1”, nuova denominazione della società specializzata nel recupero di aree industriali dismesse che l’ha acquisita nel 2016, periodo a cui risale anche il piano di bonifica già approvato e asseverato dagli enti preposti, tra cui l’Arpa. Una domanda solo parzialmente accolta.

Classificazione

«La classificazione urbanistica di quell’area può avvenire solo a esito della caratterizzazione della bonifica - ha spiegato Dinale -. Bisogna capire se l’operazione porterà quelle aree ad avere una funzione ricettiva, alberghiera o residenziale che sia, oppure no. Senza dimenticare che bisognerà capire i rapporti tra pubblico e privato visto che la bonifica viene effettuata con le risorse del Pnrr. Intanto - specifica Dinale - l’area rimane di rigenerazione come indicato nello strumento urbanistico, ma la sua destinazione in termini funzionali e dimensionali viene rinviata alla fase successiva alla bonifica, non potendo essere determinata in questo momento».

Una bonifica che, a dispetto di quanto previsto in passato, interesserà i suoli ma non la demolizione degli edifici che coprono l’area per la quasi totalità, 40mila metri quadrati e che avrebbe quindi ulteriori costi.

A suo tempo per il piano di caratterizzazione furono effettuate 35 perforazioni a diverse profondità. Tutti i superamenti riscontrati erano di poco superiori ai limiti, per sostanze attese viste le lavorazioni effettuate: arsenico nell’area in cui veniva lavorato il cotone grezzo, e tracce di rame, nichel, idrocarburi nelle zone della tintoria e del deposito del carburante.

«Sul futuro dell’ex cotonificio abbiamo un’interlocuzione con la proprietà da anni - spiega l’assessore all’Urbanistica, Carlo Mazza - e ultimamente con la Regione. Avevamo inserito quest’area negli ambiti di rigenerazione, segnalandola come sito dismesso da bonificare e abbiamo ottenuto un finanziamento di 3,8 milioni di euro sul Pnrr. L’interlocuzione con la proprietà è in itinere ma non ci sono ancora risposte chiare su come si procederà. La caratterizzazione della bonifica è strettamente legata alla destinazione urbanistica.Volendo prevedere un’area residenziale, la bonifica dovrà essere più profonda che non pensando a un parcheggio, ad esempio. Il problema è che la proprietà non è collaborativa, anche se giuridicamente dovrebbe rispondere del sito. La norma sui siti inquinati da bonificare prevede che se il proprietario decide di non intervenire (il cosiddetto sito orfano, nda) lo fa d’ufficio il Comune. E dunque lo faremo noi».

Vie legali

Anche così però la questione è tutt’altro che semplice, tanto che la proprietà ha presentato anche un ricorso alla presidenza della Repubblica. «Manteniamo l’ambito di rigenerazione lasciando aperte più strade alla proprietà perché non si possa dire che abbiamo in qualche modo leso l’interesse ad intervenire - aggiunge Mazza -, demandando tutto a un piano urbanistico successivo alla bonifica».

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