L’impatto negativo del COVID-19 sui pazienti con patologie croniche. 

L’impatto negativo del COVID-19 sui pazienti con patologie croniche. I risultati di uno studio che coinvolge ricercatori Unipg pubblicati sull’European Journal of Preventive Cardiology  

E’ nozione diffusa che la pandemia da COVID-19 stia avendo un impatto assai rilevante sulla organizzazione sanitaria e delle cure nel nostro Paese, che si traduce in una più difficoltosa presa in carico di pazienti portatori di altre patologie (non-COVID), anche importanti, che finiscono a volte con l’essere penalizzati. 

Mentre questo problema è facilmente percepibile a livello di organizzazione ospedaliera per patologie acute o urgenti, meno noto è il possibile impatto della pandemia sul grande numero di pazienti che soffrono di patologie croniche, altrettanto potenzialmente rilevanti. 

Una risposta a questo quesito viene da una recente ricerca di un gruppo di lavoro cui hanno attivamente contribuito i Professori Giuseppe Ambrosio e Paolo Reboldi, del Centro di Ricerca Clinica e Traslazionale – CERICLET del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Perugia. Insieme ai colleghi di altri Centri, i ricercatori Unipg hanno analizzato l’intero Registro Nazionale istituito da AIFA per monitorare le prescrizioni di farmaci anticoagulanti, indispensabili per il trattamento di patologie assai rilevanti, quali la fibrillazione atriale e la trombosi venosa, per prevenire il rischio di embolie gravi e potenzialmente fatali. 

La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista European Journal of Preventive Cardiology, organo ufficiale della Società Europea di Cardiologia, ha dimostrato che durante il picco della pandemia da COVID-19 le prescrizioni di farmaci anticoagulanti in Italia sono drasticamente diminuite, di oltre il 60%. Questo dato eclatante è stato rilevato sull’intera popolazione italiana che normalmente accede a queste cure (oltre 1.5 milioni di pazienti), e si è mostrato particolarmente eclatante nelle classi di età più avanzate. 

E’ di immediata evidenza come la mancata prescrizione di farmaci così importanti abbia esposto quei pazienti ad un rischio molto maggiore di complicanze gravi, e potenzialmente fatali. 

Tra le spiegazioni più immediate di questo dato gli Autori segnalano come durante il picco pandemico sia nettamente diminuito l’accesso - soprattutto dei soggetti anziani - alle visite mediche. Tale fenomeno, verosimilmente, è conseguenza da un lato della drastica diminuzione della disponibilità di accessi ambulatoriali, dovuta al sovvertimento dei percorsi di cura all’interno degli ospedali causato dalla emergenza COVID-19; dall’altro, è anche possibile che molti pazienti abbiano avuto difficoltà di accesso ai controlli medici, per timore del contagio oppure, specie gli anziani, per le difficoltà di spostamento durante il lockdown. 

I risultati dello studio documentano, quindi, in maniera precisa e su tutto il territorio italiano, l’impatto negativo del COVID-19 su alcune patologie croniche di grande rilievo. Ulteriori approfondimenti sono in corso per verificare se, come purtroppo intuibile, questo problema sia presente anche per altre gravi patologie croniche. 

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Onder, G., Olimpieri, P.P., Celant, S., Di Lenarda, A., Ambrosio, G., Reboldi, G., Gensini, G., Colatrella, A., Palmer, K., Gabrielli, D., Russo, P., (2021), Under-prescription of direct oral anticoagulants for treatment of non-valvular atrial fibrillation and venous thromboembolism in the COVID-19 lockdown period. European Journal of Preventive Cardiology, June 21.  

Disponibile ai link: 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/pmid/34151366/ 

https://academic.oup.com/eurjpc/article-lookup/doi/10.1093/eurjpc/zwab096

 

https://doi.org/10.1093/eurjpc/zwab096 

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