«La lotta al precariato nella P.A. è una priorità della UILPA.» Intervista a Sandro Colombi

I dati 2021 dell’Osservatorio INPS sui lavoratori pubblici registra un aumento dell’1,3% del numero dei dipendenti pubblici rispetto al 2020. Tuttavia nelle amministrazioni centrali la diminuzione del personale continua. Qual è la conseguenza di questo fenomeno?

I dati a cui lei si riferisce confermano un trend già evidenziato da anni nei report della Ragioneria Generale dello Stato. La Pubblica Amministrazione è ormai diventata la Cenerentola del settore pubblico. In vent’anni sono stati persi circa 120.000 posti di lavoro, pressappoco un terzo del totale. Allo stesso tempo, l’età media dei dipendenti rimasti in servizio supera i 54 anni. Il che significa che nei prossimi dieci anni circa un terzo dell’attuale personale andrà in pensione. Tutto questo ha una conseguenza molto semplice e drammatica: le strutture di Ministeri, Enti Pubblici non economici, Agenzie Fiscali e Enti ex art. 70 tra poco tempo non saranno più in grado di operare. 

È possibile impedire che si arrivi a questo punto?

Sì, se c’è la volontà politica. Chi ci governa deve rendersi conto che occorre varare al più presto un vero e proprio piano di emergenza per ripristinare livelli adeguati di copertura delle dotazioni organiche. Ma poi se guardo gli investimenti previsti nei prossimi anni dai recenti documenti di programmazione economica per le spese del personale, mi pare che continuiamo a viaggiare nella direzione sbagliata.   

Gli occupati nella Pubblica Amministrazione rivelano un forte aumento dei precari. Si tratta di una scelta politica che lei ha già dichiarato di non condividere. Cosa può fare il sindacato per contrastarla?

Tallonare la politica, rappresentare su questo tema una spina nel fianco per i governi. Il processo di precarizzazione del lavoro pubblico ha origine da una chiara scelta politica del precedente governo e che sottendeva un altrettanto chiara scelta ideologica. Il sindacato, la UILPA in particolare, non perde occasione per denunciare l’errore catastrofico che il legislatore ha commesso prevedendo che la maggior parte delle nuove assunzioni collegate al PNRR sia effettuata con rapporti a tempo determinato. Proprio i dati dell’Osservatorio INPS di cui parlavamo prima ci dicono che tra il 2020 e il 2021 nella Pubblica Amministrazione c’è stato un incremento del 19,7% dei rapporti a tempo indeterminato, mentre quelli a tempo indeterminato sono diminuiti dell’1,2%. Il risultato è che nel 2021 il precariato fra gli statali valeva il 12,8% della forza lavoro rispetto al 10,2% dell’anno prima. Abbiamo ormai superato ampiamente le 400mila unità di personale con contratto a termine. E ho l’impressione che quando si conosceranno i dati del 2022 la situazione sarà peggiorata.

Dunque la lotta al precariato sarà una priorità della UILPA?

Sì. Metteremo questo tema al centro del dibattito sul futuro della Pubblica Amministrazione sperando di trovare nel nuovo governo maggiore ascolto di quanto non sia avvenuto nella scorsa legislatura. Poi, è chiaro che dobbiamo fare una grande opera di sensibilizzazione nei confronti della politica, perché il dilagare della cattiva occupazione nel settore pubblico si riflette in un peggioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini e alle imprese. Tra l’altro la precarizzazione è una scelta miope anche sul piano economico perché la stabilità delle posizioni lavorative rappresenta un volano per la crescita, come ha dimostrato proprio la UIL in un recente documento sulla stabilizzazione degli oltre 200mila precari della scuola. 

La UIL ha proposto di detassare le tredicesime. Pensa che il governo sia disponibile a discuterne? 

Penso di sì, anche se non sono sicuro che abbia poi la determinazione sufficiente per trasformarla in realtà. Vede, l’idea di aiutare i lavoratori attraverso una politica di de-fiscalizzazione delle quote di salario accessorio è buona e funziona già da diversi anni con risultati apprezzabili. Per inciso, ci tengo a sottolineare che il successo ottenuto dal sistema di incentivazione della produttività aziendale è dovuto in massima parte al fatto che la detassazione passa attraverso gli accordi di contrattazione decentrata. Il che significa una cosa molto semplice: dove c’è il sindacato, si fa sindacato. 

Però la detassazione delle tredicesime non riguarda il mondo del lavoro dipendente. 

Purtroppo è così. Sono infatti escluse le imprese dove il sindacato confederale non è abbastanza rappresentativo e tutto il settore pubblico. Allora si comprende meglio perché oggi la UIL preferisce che si investano risorse sulla detassazione delle tredicesime, piuttosto che alzare la quota detassabile di salario accessorio legato ai benefit aziendali. Come ha giustamente sostenuto Bombardieri in una recente intervista, nell’attuale situazione economica che colpisce soprattutto lavoratori e pensionati non basta introdurre un premio aziendale di Natale per pochi fortunati, ma occorre dare un segnale vero e universale. E questo si può fare solo attraverso le tredicesime. È una misura di giustizia sociale che tutti i lavoratori, compresi i pubblici dipendenti, siano messi in condizione di non affrontare un Natale all’insegna delle ristrettezze per via del caro vita e del crollo del potere d’acquisto delle retribuzioni.    

Di recente sono ricorsi i dieci anni di attività del Fondo Perseo Sirio. Che futuro prevede per la previdenza complementare nel pubblico impiego? 

Sono ottimista ma non posso nascondere alcuni problemi. Mi spiego. Il Fondo Perseo-Sirio è ormai una realtà consolidata. Negli ultimi sei mesi si è registrato un aumento di oltre 60mila aderenti. Un balzo in avanti che si spiega anche grazie alla formula del silenzio-assenso per i nuovi assunti dal 1° gennaio 2019 e regolata dall’Accordo Quadro del 16 settembre 2021. Complessivamente il Fondo va abbastanza bene, ma si potrebbe fare di più, specialmente nel settore delle amministrazioni centrali. Le quali coprono appena il 5% di tutti gli iscritti al Fondo. Certo, l’invecchiamento progressivo del personale e la crescente precarizzazione che dilaga ormai un po’ in tutta la Pubblica Amministrazione sono fenomeni che non aiutano la diffusione massiccia della previdenza integrativa nelle nostre amministrazioni. Ma quello che mi preoccupa di più è lo scarso impegno delle nostre controparti pubbliche nel mettere i lavoratori in condizione di conoscere meglio i meccanismi di funzionamento della previdenza integrativa contrattuale, compresi i forti vantaggi che essa presenta rispetto ai fondi pensione privati offerti dalle banche o dalle compagnie assicurative.

Quindi il sindacato si ritrova spesso da solo nello spiegare ai lavoratori cosa è, a cosa serve e come funziona il Fondo Perseo-Sirio?

Al momento è così anche se penso che la progressiva immissione di nuova forza-lavoro darà maggiore linfa al Fondo. Il quale peraltro è uno strumento concepito essenzialmente per i giovani. Perciò credo che lo Stato debba fare la sua parte rivedendo le quote di tassazione delle prestazioni erogate e che oggi sono troppo alte. Ma la finalità sociale della previdenza integrativa di origine contrattuale non può essere confusa con altre forme di rendita finanziaria a carattere speculativo. È ora che questa distinzione diventi ben chiara ai nostri decisori politici, affinché adottino i necessari correttivi di natura fiscale che la UIL chiede da anni.

Intervista a cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 18 novembre 2022

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