Pontiggia, maestro di etica e stile

Vent’anni fa moriva l’autore di “Nati due volte”. La maggiore studiosa della sua opera: «Si oppose sempre alle logiche del mercato editoriale. Ha imposto di pensare la letteratura in un modo alto»

Sono trascorsi venti anni dalla morte di Giuseppe Pontiggia (Como, 25 settembre 1934-Milano, 27 giugno 2003) e il valore della sua opera letteraria, del suo esempio di scrittore, si stagliano con ancora maggiore forza davanti ai nostri occhi.

Giuseppe Pontiggia, detto Peppo, figlio del bancario Ugo (1900-1943) e dell’attrice dilettante Angela Frigerio (1902-1984), trascorse un’infanzia serena a Erba, insieme con il fratello Gianpietro, divenuto poi poeta con lo pseudonimo Giampiero Neri (1927-2023), la sorella Elena (1935-1955) e il cugino Ezio Frigerio (1930-1922), che è stato un famoso scenografo internazionale. Pontiggia rimase sempre molto legato a Erba dov’è tuttora la casa di famiglia, nonostante che il padre (fascista, sì, ma estraneo alle violenze), vi fosse stato ucciso nel 1943 nelle prime avvisaglie della guerra civile: per ragioni ancora non del tutto chiarite se, negli stessi ambienti del Cln, il Comitato di Liberazione Nazionale, si parlò di un errore.

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