Il medico generico che ci può salvare

Un grande storico della medicina nel nuovo libro constata amaramente di aver previsto fin dagli anni ’80 le conseguenze dello svilimento di una figura decisiva per la salute pubblica

«Amico medico, ricordati del paziente», è un invito rivolto, da chi scrive qui, a se stesso e ai propri colleghi, nello scorcio degli anni Ottanta, dalla culturale terza pagina del “Corriere della Sera”: «Una “storia del futuro”, proiettante lo sguardo alle soglie del Duemila, può contemplare un medico di base senza base, impoverito della propria specifica cultura, influenzato dagli eccessi di medicalizzazione e burocratizzazione, scarsamente reattivo nei confronti degli stimoli sollecitanti i consumi. Un medico insicuro: la sua insicurezza di fondo non può trovare compensi negli esami diagnostici più specializzati e sofisticati. Senza una base sicura questi stessi esami, per quanto tendenti ad “avvicinare” il medico alla realtà  fisiopatologica del malato, finiscono per “allontanare” il medico dalla realtà  antropologica del malato stesso, inserendo tra i due un trait d’union tecnologico che diventa un diaframma interumano. Il pericolo ultimo è quello di una barriera calata tra medico e paziente a determinare una “medicina del silenzio” in contrasto con l’aforisma perenne che “un buon medico è la prima medicina”».

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