Educazione libera, l’ora delle scelte

Le vie per un sistema di formazione più plurale sono molte e differenti. È ora cruciale comprenderlo e muoversi subito in questa direzione

Quando si discute di libertà di educazione, in linea di massima si tende a fissare l’attenzione – e questo è comprensibile – sulle modalità di finanziamento degli istituti scolastici: pubblici o privati. In Italia, ad esempio, nei decenni scorsi (soprattutto per merito di Dario Antiseri, Lorenzo Infantino e Antonio Martino) è stata spesso proposta l’introduzione di un “voucher” (o buono), tale da permettere a ogni studente di scegliere la sua scuola. L’idea sarebbe che lo Stato non finanzi direttamente le scuole e non paghi gli stipendi ai docenti, ma dia a ogni giovane un assegno spendibile soltanto per “acquistare” la propria formazione: in un istituto scolastico di Stato oppure libero.

Il dibattito

Le questioni che solleva il buono-scuola sono importanti, ma non esauriscono l’intero dibattito. In effetti, quando ci s’interroga sulla formazione dei giovani è cruciale riflettere pure sui programmi delle scuole stesse, e quindi su come lo Stato (in Italia e non soltanto da noi) limita la possibilità di delineare temi e metodi alternativi rispetto a quelli fissati d’imperio.

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