“Zona mia”: così si spartivano lo spaccio

Il blitz anti droga I gruppi di Bema e di Postalesio si coordinavano e aiutavano tra loro per aumentare gli affari . Eseguite 21 misure cautelari - I valtellinesi collaboravano con i pusher marocchini fornendo cibo e pure champagne

È stata chiamata “Zona mia” l’operazione antidroga condotta dalla Squadra Mobile della Questura, nell’ambito di un’indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Sondrio, e scattata all’alba di ieri mattina con un blitz che ha portato all’esecuzione di 21 misure cautelari (15 persone sono finite in carcere e 6 agli arresti domiciliari). Si tratta di soggetti di nazionalità italiana e marocchina, ritenuti responsabili di reati di detenzione illecita, trasporto e cessione di sostanze stupefacenti. Se gli stranieri avevano il ruolo di spacciatore, i valtellinesi invece li aiutavano a portare avanti la loro attività nei boschi.

Le altre province

L’esecuzione delle misure è avvenuta contestualmente in diverse regioni d’Italia con la collaborazione del Settore polizia di frontiera di Tirano e delle Squadre Mobili di Milano, Verona, Bergamo, Varese, Pavia, Sassari e Siracusa. Durante l’attività investigativa, durata quasi quattro mesi, sono stati arrestati in flagranza 4 uomini e sono stati sequestrati circa 2 chili di sostanza stupefacente, tra eroina, cocaina ed hashish.

L’indagine è partita a marzo con l’obiettivo di aggredire alle fondamenta il fenomeno dello spaccio nei boschi, divenuto negli anni molto preoccupante per la sua estensione nel territorio valtellinese, in particolare nella Bassa Valle, e per le difficoltà nel riuscire a portare avanti le indagini a causa dell’accortezza dei responsabili, favoriti dalle caratteristiche dei luoghi nei quali viene attuato. Gli uomini della Mobile sono riusciti a ricostruire i canali di approvvigionamento e i responsabili, per poi identificare e arrestare anche gli autori delle singole attività di spaccio al dettaglio. Nel corso di questi mesi sono stati attentamente pianificati e attuati numerosi e lunghi servizi di osservazione dei luoghi dello spaccio, uniti a ripetuti servizi di pedinamento degli indagati che hanno gravitato in varie zone della Lombardia.

L’attività di pedinamento e osservazione, insieme alle intercettazioni, molto difficoltose per i continui cambiamenti delle utenze, intestate sempre a soggetti fittizi, hanno consentito di carpire le abitudini criminose e personali degli indagati, penetrare il sistema illecito e ricostruire la sistematica attività di spaccio di sostanze stupefacenti realizzata nei boschi, in particolare nelle zone di Caiolo, Postalesio e Bema. Luoghi che sono stati divisi in zone ben definite da due gruppi di spaccio (gruppo di Bema e gruppo di Caiolo): da qui il nome dell’operazione, “Zona mia”.

Mutua assistenza

L’indagine ha messo in luce i collegamenti tra i due gruppi di spaccio, ben coordinati tra loro. Infatti, per incrementare il giro di affari o soddisfare reciproci bisogni si sono garantiti una mutua assistenza, anche rifornendosi vicendevolmente di stupefacente. Inoltre, sono stati identificati diversi soggetti, per lo più valtellinesi, che aiutavano i pusher marocchini: gli fornivano riparo agli indagati nei casi di maltempo, portavano loro nei boschi sostanze da taglio per lo stupefacente e consegnavano ogni genere alimentare, pizza e kebab ma anche champagne. In cambio ricevevano soldi e droga.

L’indagine, diretta dalla Procura guidata da Piero Basilone, è stata portata a conclusione agli inizi dell’estate con la formulazione delle richieste di misure cautelari, integralmente accolte dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale.

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