Medici di base
”Buchi” a Livigno
e in Valmalenco

Sanità Situazione sempre più difficile in provincia A Caspoggio lascia Barazzetti. I colleghi preoccupati «È Inevitabile, ma molti pazienti resteranno scoperti»

Sembrava cosa fatta il riassetto della medicina territoriale in Valmalenco, dopo le dimissioni, per la pensione, dello storico medico Angelo Gianoni. Invece non tutte le tessere del mosaico erano, evidentemente, al posto giusto.

Perché se è vero che Leonardo Manca si è specializzato e dal giorno 15 è diventato medico titolare (quindi con 1.500 assistiti rispetto ai soli 650 di quando era medico in formazione), è anche vero che proprio in questi giorni ha rassegnato le dimissioni il suo collega Giacomo Barazzetti, in servizio soprattutto a Caspoggio, che dal 12 luglio non sarà più in servizio.

Tutto precario

Per cui la Valmalenco torna sotto di un medico. E, come se non bastasse, dal 6 giugno non potrà più contare neppure sulle prestazioni di Daniela Erba, storico pediatra del posto, che si è dimessa per prendere servizio ad Ardenno.

«Motivi personali - si limita a dire Giacomo Barazzetti, milanese, da noi interpellato, rispetto alla rassegnazione delle dimissioni - scelte di vita mi portano fuori dalla Valmalenco e da Caspoggio, dove sono entrato in servizio il 30 marzo 2020».

Oltre, il dottor Barazzetti non vuole andare, anche se il fatto che già non avesse voluto aderire alla medicina di gruppo della Valmalenco, aveva già dato adito nei giorni scorsi a qualche dubbio. Medicina di gruppo che nella valle è formata dai medici Paolo Galenda, anche responsabile del distretto di valle, Cinzia Faldrini e Leonardo Manca.

Il massimale

Ed è pacifico che anche qui, come sta accadendo ad esempio in Valchiavenna, queste dimissioni comporteranno una scopertura di pazienti, «perché - spiega Galenda - tutti e tre gli altri medici, io, Faldrini, e Manca, abbiamo già raggiunto e in parte superato il massimale di 1.500 assistiti a testa. Arriviamo a 4.500, in tre, ma su una popolazione di 6.600 persone. E aggiungo che più di tanto il massimale non si può alzare, non tanto perché la legge lo vieti, anzi sono state fatte delle aperture in questo senso, ma perché non riusciremmo a seguire tutti questi pazienti». A meno che... «A meno che non si elimini radicalmente la burocrazia».

Un tema, questo, che si propone e ripropone e che si sta facendo pressante, in un contesto in cui la medicina territoriale è alla deriva.

Nel Piccolo Tibet

Come lo è da tempo anche a Livigno, dove ha rassegnato le dimissioni a far data dal 7 luglio prossimo il dottor Giovanni Battista Sardaro, medico insediatosi il 4 gennaio scorso con incarico provvisorio perché in formazione.

«E’ vero che Ats ci ha già avvisato che dovrebbe arrivare un sostituto sempre in luglio -incalza il sindaco Remo Galli - però noi siamo sempre sotto organico. Livigno è un paese di quasi 7mila abitanti che dovrebbe poter contare su quattro medici di medicina generale, ma ne ha due/tre che vanno e vengono e un solo pediatra. Non si può andare avanti così. Quando un assistito non ha il proprio medico di base non ha nulla, dal punto di vista della sanità territoriale. Il medico di base è fondamentale, è il primo importantissimo anello della catena. I miei concittadini vogliono poter avere il proprio medico di riferimento e mi appello al Governo e alla Regione perché trovino, urgentemente, delle soluzioni. Tanto più che, ricordo, laddove ve ne fosse ancora bisogno, che la realtà di Livigno è particolarmente periferica, quindi, qui, la medicina territoriale è vitale».

Macchia di leopardo

E’ un ritornello che, ormai, si ripete ad ogni angolo della provincia. Perché gli ambulatori non presidiati,e i cittadini senza medico, sono diffusi ovunque. Sono almeno 4.300 le persone destinate a rimanere senza medico in Valchiavenna, ma come si può osservare, ogni giorno, i problemi non solo non si risolvono, ma se ne aggiungono sempre di nuovi.

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