«Contro la scultura atto violento e idiota»

Vandalismo a Sondrio Marina, figlia di Mario Negri: «Impressionati dal forte distacco tra arte e società». Il nipote Matteo: «Queste persone fanno danni così per farli, senza rendersi conto della gravità del gesto»

«Siamo impressionate per la cesura forte e il distacco fra l’arte e la società. Come se ci fosse un’indifferenza da parte della cittadinanza o, meglio, di parte di essa ad un simbolo dedicato al fiume Adda e fortemente legato al territorio».

Marina Negri, figlia dello scultore Mario Negri (insieme alle sorelle Chiara e Maria Laura), è basita alla notizia che un gruppetto di giovani abbia vandalizzato la scultura “Colonna dell’Adda”, realizzata dal padre, collocata da alcuni anni in piazza Campello a Sondrio. I vandali, agendo nella tarda serata di lunedì, hanno spezzato in tre parti l’opera, lasciando soltanto il basamento nella fontana.

Fonte di ricchezza e di senso

«Siamo rimaste malissimo anche nel pensare a nostro padre che aveva uno sguardo sacrale e ideale rivolto verso la Valtellina - prosegue Marina -. Il vandalismo legato al non capire il senso dell’opera d’arte, al non viverla come fonte di ricchezza e di acquisizione di senso fa molto impressione. D’altra parte è vero che viviamo in una società di leggerezza, banalità, violenza che sono evidenti. Il valore positivo di “un’arte per tutti” viene tagliato da un atto così violento e idiota. Se sono stati giovani a compierlo, gli stessi sono stati inconsapevoli di questo affondo, denotando uno scontro fra il reale e il sacro dell’arte. E allora ciò ci fa capire che ci sono valori da ricollocare agli occhi delle esperienze dei ragazzi».

Marina Negri fa anche un’altra riflessione in ordine alla cura dell’oggetto d’arte che è fondamentale. «Un’opera d’arte è fragile e, dunque, la fragilità deve essere considerata come parte della cura. La costanza della manutenzione deve essere garantita. La “Colonna dell’Adda” era nata per il Provveditorato degli Studi; mio padre l’aveva data con quella funzione. Poi c’era stata, anni fa, l’iniziativa di tanti - mi ricordo, in particolare, l’ex direttrice del Mvsa, Angela Dell’oca – di far uscire la scultura dal luogo chiuso e metterla nella città per renderla partecipe della vita cittadina. Dopo quanto successo dà un grande dispiacere. Spiace assistere a un disagio giovanile dove i giovani sono privi di indicazioni». Su questo aspetto del «c’è qualcosa che non va» insiste anche il nipote dello scultore, Matteo Negri, che vive a Sondrio. «Mi viene da pensare che i ragazzi in gamba se ne vadano all’estero e quelli senza futuro ed esclusi da tutti restano e fanno questi disastri. La scultura verrà restaurata, ma se i giovani non hanno ideali, se non hanno una conoscenza di quello che c’è nella loro città, allora fanno danni così per farli, per divertimento, per dire che sono stati bravi, senza rendersi conto della gravità di quanto hanno compiuto».

Le sculture in città

E aggiunge: «Abbiamo molte bellissime sculture a Sondrio, una città che investe molto in questo, ma occorre investire anche sulla conoscenza e sensibilizzazione dei giovani. Il vandalismo alla scultura di mio zio non è stato provocato perché la scultura era di mio zio, ma perché è venuta a mancare quella parte importante del conoscere quello che si ha davanti e, dunque, di tenerci in qualche modo».

E, allora, ha fatto bene quella mamma che, ieri pomeriggio, ha accompagnato il suo bambino davanti alla scultura mozzata e gli ha spiegato cosa c’era lì e cosa è accaduto. Da lì si può partire.

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