Una mostra al Mvsa
per ricordare i morti
del sacro macello

400 anni dopo L’assessore: «Un’iniziativa doverosa» La direttrice: «Tema spinoso, ma raccontiamo la storia»

L’insurrezione valtellinese, forse meglio conosciuta come il “sacro macello”, una pagina dolorosa della storia della provincia di Sondrio che non deve essere dimenticata.

Con questo obiettivo, proprio nel 400esimo anniversario da quel drammatico 19 luglio 1620, l’Amministrazione comunale di Sondrio, il Museo valtellinese di storia e Arte e la biblioteca civica Rajna hanno deciso di organizzare un allestimento all’interno del Mvsa, una mostra che permetta di conoscere gli avvenimenti che portarono alla morte di 400 persone, quasi tutti valtellinesi, una strage condotta da un gruppo di cattolici ai danni della popolazione riformata nel contesto di una rivolta filospagnola contro la Repubblica delle Tre Leghe che allora controllava il territorio valtellinese.

L’inaugurazione sarà martedì in forma privata a causa delle disposizioni anti-Covid, l’allestimento sarà visitabile da mercoledì prossimo negli orari di apertura del museo (il giovedì e il venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18, il sabato e la domenica dalle 10 alle 18). Previste anche visite guidate, su prenotazione, il sabato e la domenica alle 10.30 e alle 16.30.

E, per il momento, non è ancora stata fissata una data di chiusura della mostra, che potrebbe rimanere visitabile anche fino alla fine del 2020 e oltre, così da permettere anche a scolaresche di informarsi sull’insurrezione valtellinese

«Un’iniziativa doverosa per ricordare un momento storico importante - ha affermato l’assessore alla Cultura del Comune di Sondrio, Marcella Fratta, nel presentare il progetto -. Come Amministrazione comunale crediamo fortemente nel valore educativo della storia e questo allestimento ci permette di riflettere in merito ai cosiddetti moti del 1620, provare anche a capire quale ricchezza culturale ha ospitato la nostra valle e che pure situazioni drammatiche, quali quelle raccontate nella mostra, possono lasciare anche un importante patrimonio culturale».

«Quello dell’insurrezione valtellinese è un argomento spinoso e di non facile lettura - ha poi spiegato Alessandra Baruta, direttrice del Museo valtellinese di storia e arte -. Abbiamo deciso di affrontarlo non dal punto di vista religioso, ma prettamente storico. Abbiamo previsto dei pannelli che raccontino l’episodio del 19 luglio del 1620, ma non solo».La mostra, infatti, ripercorrerà quello che è accaduto dal 1512, quando, nell’ambito della guerra della Lega di Cambrai, l’esercito svizzero cacciò i francesi dal ducato di Milano e i Grigioni, alleati dei confederati svizzeri, presero possesso della Valtellina, dei contadi di Bormio e Chiavenna e delle tre Pievi (Dongo, Gravedona, Sorico); fino al 1639, con il cosiddetto “capitolato di Milano” e la fine del conflitto: i Grigioni riebbero la Valtellina, che governarono fino al 1797, e si concluse la Guerra di Valtellina, uno degli episodi più tumultuosi e sanguinosi della Guerra dei Trent’anni.

«La Riforma protestante è un tema che interessa molto ai cittadini - ha poi aggiunto il direttore della Biblioteca Rajna, Adriano Stiglitz -. Sono episodi che fanno parte del nostro territorio, del nostro dna storico. Per questo motivo questa mostra ci può aiutare non solo a capire cos’è successo in quel periodo storico, ma anche chi siamo».

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