
Cultura e Spettacoli / Valchiavenna
Sabato 13 Maggio 2023
Per ricordare la moglie pubblica le sue poesie
Raccolta Omaggio di Salvatore La Vecchia all’amata Mara D’Ambrosio Versi e dipinti dell’insegnante editi pochi giorni fa per i tipi di Kairos

“Angelo di Dio che sei il mio custode.../Il risveglio ha il suono rassicurante della preghiera.../Angelo di Dio.../immaginarti vicino, la mano sulla spalla, il tocco è lieve e il respiro si confonde alle parole, al ronzio famigliarmente cupo della pompa dei medicinali.../Angelo di Dio.../sei l’unica presenza in questa mattina nuova, il filo che mi lega a ciò che è stato ieri e al domani che sarà”.
Ben 13 componimenti
É il testo della poesia scritta da Mara D’Ambrosio, insegnante, poetessa e pittrice, di Chiavenna, sebbene originaria di Bonito (Avellino), «su un foglietto dall’aria smarrita - scrive Salvatore La Vecchia, marito e curatore post mortem delle sue poesie -, senza data, probabilmente del 2005».
E non a caso citiamo queste odi, perché sono state scelte dal curatore, La Vecchia, a suggello della pubblicazione dedicata alla moglie, dal titolo “Mara D’Ambrosio, poesie e dipinti”, edita pochi giorni fa per i tipi di Kairos.
Un volume di cui, La Vecchia, aveva annunciato la pubblicazione già all’indomani della morte della moglie, avvenuta il 29 aprile dello scorso anno, e, quindi, ad un anno esatto dall’evento, è stata portata a compimento l’opera. Non facile neppure per La Vecchia, a sua volta poeta, sia per il fatto che si è trattato di addentrarsi nella dimensione fortemente intimistica della moglie, sia per il fatto che si è trattato di selezionare le poesie da pubblicare nel novero delle 250 scritte fra il 1975 e il 2021.
Alla fine ne sono state pubblicate 130, affiancate anche da originali dipinti realizzati in acrilico dall’autrice, e La Vecchia ha voluto inserire, in chiusura e, forse, chissà, anche a chiudere il cerchio della vita della moglie, la poesia su richiamata che rimanda ad una fede nel cristianesimo che, in realtà, a Mara, non apparteneva.
Non che non avesse una sua dimensione “religiosa”, nel senso più intimistico del termine, ma non professava alcun credo in particolare, salvo, ricorda il marito «recarsi talvolta in solitudine in qualche chiesa, in particolare nel silenzio estatico della chiesetta barocca di Santa Maria, a Chiavenna - scrive nella prefazione -, non saprei dire se in raccoglimento o se per ritornare, con la mente, a una presenza avvertita in un letto d’ospedale del 2005» e che le ha ispirato la poesia sull’Angelo Custode.
Per il resto costante è il rimando alla notte e alle stelle, al cielo e a tutto ciò che vi transita. É alta, in questo senso, la poetica di Mara D’Ambrosio, perché ha lo sguardo rivolto verso l’alto, come a cercare un modo, chissà, per elevarsi dalle tribolazioni terrene, dai lutti, dalle fatiche della malattia, dagli umani dispiaceri.
Anche ironia e leggerezza
Qua e là un tocco di ironica leggerezza, come in “Riscaldo la mia anima/con un cappuccino”, ma, per lo più, il fardella della vita, nella poesia di Mara, c’è tutto. E in “Annegheranno le stelle”, stupendo componimento del 1976, forse, Mara, raggiunge l’apice del suo immane tentativo di trovare un senso e di metterlo in poesia.
Così intima e personale e così vicina, proprio per questo, anche al sentire comune, dei suoi lettori. Una poetica ardita, mai condivisa, se non post mortem, grazie a questa pubblicazione che apre un mondo su una persona «timidissima e riservata», scrive il marito.
”Annegheranno le stelle, affannate, bruciate dal vento d’estate/annegheranno le stelle/violente di disperazione”. Così chiude, Mara, questa poesia, con un’immagine fortissima, di stelle violente, solo perché disperate. L’anima, cui tanto si riferisce nella sua poetica, ferita, potrà mai trovare consolazione? Il quesito che sembra consegnarci.
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