La vita degli umani vista dai topi
Applausi allo show

LeAltreNote Pubblico incantanto a Casa Cortese

Una Topolinia ideale il giardino di Casa Cortese ad Albosaggia che ospita il 26° concerto del “Valtellina Festival LeAltreNote” dei fratelli Parrino, presentato dall’assessore Doriana Paganoni che celebra l’unione delle arti come fonte pura di benessere.

Un giardino illuminato dal plenilunio di una fresca serata, un giardino incantato come quello de “L’enfant et les sortilèges” di Ravel, popolato da morbidi squittii che giungono velati oltre il cono d’ombra dell’antico portale di pietra infrattato nel verde.

Ed eccoli poi sbucare dall’ombra, Marta Pistocchi col suo docile violino e Alessandro Sicardi con la sua chitarra da menestrello dell’ultima sera, nelle vesti di due arvicole grigio-nere, una palandrana demodè e gilet, calzettoni a righe alla Pippi Calzelunghe per lei, con due neri tupponi da orecchie a falde larghe, il lungo codone attorcigliato che spunta dal fondo schiena. Ed è subito magia. Sono topi dalla mentalità aperta: niente topi da biblioteca a divorare libri, né esperti roditori affondati nelle morbidezze succulente dei buchi di una groviera, ma saggi esperti della vita che osservano i maldestri umani nelle loro peripatetiche avventure quotidiane.

Topi di campagna che emergono dalle nebbie visitando cento città “a spirale”, dalla crescita demografica quasi nulla, “a frattale”, che si reiterando all’infinito, “liquide” o “circolari”, con gente frenetica che non si ferma mai, fino a giungere nella metropoli lombarda dove ci s’illude di ricostruire un bosco verticale dove i lupi possono azzannare solo in ascensore e la Bella addormentata dorme in piedi. Pistocchi e Sicardi sono due effervescenti funamboli della scena, due folletti notturni che con la loro surreale comicità, l’ironia graffiante, uno humour sottile, invitano garbatamente alla riflessione più acuta e profonda.

Una foto della società

E toccano tematiche ambientaliste in quel mercato sciupone in cui i roditori compiono la loro opera ecologica sbafando a iosa merce ormai avariata; quella coscienza civica del sentirsi liberi in comunità, come i topi senza padroni che regnano la terra mentre i piccioni abitano il cielo; la repulsione dei nuovi luoghi di culto del consumismo moderno con i suoi fideistici pellegrinaggi del fine settimana.

E poi le paranoie di umani rinserrati nel proprio cubo benefit tra i più ricercati agi, in cerca di una felicità effimera, o persi in una corsa senza senso; spezzando infine una lancia per i capolavori sui muri scalcinati della città di quei writer vagabondi che imprimono la loro arte sul cemento che tutto aggredisce.

Tra linee e punti, tra strade e piazze, talvolta si fatica a orientarsi. E ci si perde anche l’anima perché occorre uscire dalla “tana” per mettersi in relazione con gli altri.

E allora ecco che la “Toponomastica” esce dal bieco servilismo di nomi titolati alla memoria e talvolta decisamente antitetici, diventando la cura per coltivare l’amore, come due piste ciclabili parallele che, pur non incontrandosi mai, predicano quel desiderarsi per sempre che è la vera ricerca del sentimento più puro. Chitarra e violino, musica e parole, enfasi emotiva e didattica ermeneutica, teatro e teatralità, Marta Pistocchi e Alessandro Sicardi sono entrati in perfetta comunione col folto uditorio che ha plaudito a lungo una performance lieve, divertente, ingegnosa, ma ispirata a una saggezza infinita che viene da lontano.

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