La storia di Rosmunda conquista tutti

AquinoSpazio centrale gremito per lo spettacolo di Benedetta Carrara con Alex Cimafonte e Giulia Montessoro. Una lotta tra il bene e il male, con la riflessione sul ruolo della donna che in qualche modo giustifica il suo gesto

Processo, rivolta, «sarete giudicata». Protezione, rispetto, adulterio. Risuonano più volte sul palco queste parole durante lo spettacolo “Rosmunda”, andato in scena al Teatro Spazio Centrale di Arquino con testo e regia della sondriese Benedetta Carrara e interpreti Alex Cimafonte e Giulia Montessoro.

Il dubbio

Parole che echeggiano nella sala gremita di spettatori ed entrano nell’animo di chi ascolta la storia di Rosmunda che, ragazzina, è costretta a sposare Alboino, re dei Longobardi, un «bravo re», che «rispetta la moglie». Ma tale non si rivela e Rosmunda, dopo cinque anni di violenze, complotta contro il marito che viene ucciso. Un tragico evento che apre ad una serie di reati sempre più gravi commessi dalla ragazza ormai divenuta una donna che ci viene presentata all’atto del processo a suo carico. Dove non nasconderà i suoi misfatti: «Io sono colpevole», dirà alla fine. Ma non si pensi ad uno spettacolo in bianco e nero, dove la colpevolezza è netta come il segno che una spada lascia sul corpo martoriato. Lo spettacolo si gioca sul dissidio interiore della donna, fra ciò è male e ciò che è bene, sulla domanda se il male giustifichi il male. La fedele serva Domalde aiuta Rosmunda negli intrighi, ma poi diventa la sua coscienza («c’è sempre un’altra possibilità»). Rosmunda inizialmente nega a se stessa quanto fatto («tutto questo sangue non è vero», «non sono stata io»), poi lo giustifica («ho dovuto farlo, non voglio essere debole», «non ho avuto altra scelta») e, alla fine come detto, lo riconosce.

Ma c’è anche un altro livello di lettura: quello della condizione della donna in una società patriarcale di 1450 anni fa, dove la donna ha bisogno della protezione di un uomo e dove la donna deve «fare il suo dovere di donna» e di moglie (essere la «giumenta» del marito). Guardando sotto questo punto di vista, allora, lo spettatore non riesce a non provare pietà per questa figura costretta da Alboino pure a bere dal teschio del padre morto secondo un rituale barbarico.

Un testo complesso dal punto di vista psicologico e introspettivo quello scritto da Benedetta Carrara, studentessa alla Magistrale di Scritture e progetti per le arti visive e performative, tanto che il verdetto dello spettatore resta ambiguo di fronte alla colpevolezza della protagonista e, invece, positivo al bilancio dello spettacolo ideato e interpretato da giovani attrici. Gli applausi calorosi e il tutto esaurito in sala sanciscono il successo del lavoro di Carrara e della scelta oculata di Spazio Centrale di puntare anche sulle sperimentazioni teatrali. Sicuramente d’effetto la scena finale con Rosmunda che canta a squarciagola note stonate, ubriaca di follia.

Una grande stagione

L’anno 2022 si conclude a Spazio Centrale con la replica de “La patente” dopo il successo delle prime rappresentazioni. Lo spettacolo, che andrà in scena giovedì 29 dicembre alle 21, è liberamente ispirato alla novella di Luigi Pirandello, drammaturgo e narratore siciliano. “La patente” affronta il tema tipicamente pirandelliano del contrasto fra ciò che siamo e ciò che pensano di noi. Questo tema emerge attraverso una vicenda legata all’ignoranza e alla superstizione di una società culturalmente arretrata, in cui perfino i giudici credono alla iettatura e al malocchio. Prenotazione obbligatoria entro mercoledì 28 dicembre via WhatsApp o Telegram al numero 347-8430664 oppure alla mail [email protected].

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