
Cultura e Spettacoli / Sondrio e cintura
Mercoledì 11 Gennaio 2023
La “non fiction”, quando la narrativa
affronta la realtà
Villa di Tirano Incontro sull’opera di Emmanuel Carrère con Marco Tognini, dottorando, e Alberto Gobetti. Buona la partecipazione, soprattutto dei giovani

Bello vedere tanti giovani seguire un incontro culturale, dove generalmente il pubblico adulto la fa da padrone. Così alla prima serata dei “Percorsi nella non fiction contemporanea”, promossi dal dottorando Marco Tognini e da Alberto Gobetti della libreria Il Mosaico di Tirano, in collaborazione con le biblioteche di Villa, Tirano e Bianzone.
Dialettica
Il giovane relatore Tognini ha affascinato con la sua dialettica il pubblico nella conferenza “Vite che non sono la sua”, che si è tenuta all’auditorium Mascioni di Villa di Tirano, incentrata sullo scrittore Emmanuel Carrère e, principalmente, sulla prima opera dell’autore parigino “L’avversario” del 2000, anno che segna l’inizio delle sue opere di non-fiction. Di fatto definire la non-fiction è come entrare in un «campo minato», come ha detto lo stesso Tognini, perché non si tratta di un genere letterario.
La si potrebbe intendere come «una galassia di testi anche lontani fra loro». Con fiction, indubbiamente, ci si riferisce alla «narrativa di finzione – ha detto Tognini – che narra di personaggi immaginari, non esistenti: Cenerentola, i Malavoglia, Harry Potter. Un bambino sa distinguere il mondo reale da una fiaba, ma se gli si racconta di personaggi credibili allora il bambino continuerà a chiederci se è vero. Buona parte della narrativa che leggiamo si colloca nel filone della letteratura realistica, come Madame Bovary, I Promessi Sposi per esempio. Al di fuori del libro e del mondo narrato dall’autore, i personaggi non sono mai esistiti, però.
Il fatto di raccontare di personaggi non reali dona grande libertà allo scrittore, che ha meno vincoli e può raccontare l’interiorità dei personaggi. Ebbene la non-fiction è tutto ciò che non è narrativa di invenzione. È la galassia di testi che raccontano di fatti realmente accaduti e persone esistenti. La caratteristica è che lo si fa avvalendosi degli strumenti della letteratura di invenzione. Se volessimo riassumere: la non-fiction presenta contenuti accaduti, ma attraverso la letteratura di invenzione». Carrère, per scrivere “L’avversario” un testo breve peraltro, ha impiegato sette anni. Si racconta di come nel 1993 Jean-Claude Romand, ritenuto fino ad allora uomo mite e affettuoso con i familiari, abbia ucciso la moglie e i due figli e, il giorno successivo, anche i suoi genitori. Il libro, però, non è un giallo, dove la trama si svolge nella ricerca del colpevole, creando suspense nel lettore. Ne “L’avversario” si procede al contrario: già nella prima pagina sappiamo chi è il colpevole e quali sono in fatti.
La narrazione
La narrazione, invece, ruota su quello che passava per la mente di Romand. Tognini ha spiegato come Carrère sia arrivato a scrivere il libro, non senza porsi un problema di tipo etico, avviando una corrispondenza epistolare che, peraltro, viene mostrata nel libro come documentazione.
A Carrère interessano le vite degli altri in definitiva, da qui il gioco di parole del titolo dell’incontro che strizza l’occhiolino al suo romanzo “Vite che non sono la mia”.
«Non gli interessa ricostruire una concatenazione di fatti, convinto che ci sia di più oltre questo», ha sostenuto Tognini, che ha presentato anche la seconda opera “Limonov” e citato “Il regno” ed ha sottolineato come Carrère voglia essere definito un testimone delle vicende. «Le opere di Carrère si completano a vicenda, c’è un ritorno degli stessi temi – ha concluso -; la sua scrittura mira alla conoscenza e per conoscere deve confrontarsi con umanità differenti. L’autore allarga anche a noi lettori la comprensione e ci chiede di partecipare alla costruzione del significato, senza mai dare una risposta definitiva».
© RIPRODUZIONE RISERVATA