Antifascismo di popolo, storie dalle valli

Libri Pierluigi Zenoni ha raccolto in un volume i documenti del Casellario e del Fondo Questura di Sondrio. Tra Valtellina e Valchiavenna, nel ventennio,1.387 persone sono state considerate pericolose per la sicurezza

La popolazione valtellinese e valchiavennasca non se ne restò zitta e immobile durante il ventennio fascista. Ci furono azioni di protesta o anche solo manifestazioni di dissenso. Tanto che le persone considerate pericolose per la sicurezza dello Stato ammontavano a 1.387, di cui 1.301 uomini e 86 donne protagoniste, queste, di atti collettivi.

Fatti incontestabili

E l’aspetto più curioso è che sono le autorità fasciste stesse a dirlo. Come? Nei fascicoli del Casellario politico centrale e nel Fondo Questura di Sondrio che rendono questo dato - e soprattutto le storie contenute - un fatto incontrovertibile.

Pierluigi Zenoni, per anni sindacalista nella Cgil, che si schermisce quando lo si definisce storico, in realtà storico lo è a tutti gli effetti e lo dimostra il ponderoso volume di 580 pagine “Antifascismo di popolo in Valtellina e Valchiavenna” che esce in occasione del centenario della “Marcia su Roma” (28-30 ottobre 1922) per “Mimosa”, la casa editrice dello Spi Cgil lombardo.

Il libro è la raccolta di circa 240 medaglioni biografici che trattano di ribellioni, anche minime, contro il fascismo avvenute durante il ventennio.

«Con questa ricerca ho voluto dimostrare che il fascismo è stato oppressivo ed è entrato nella quotidianità delle famiglie valtellinesi e che c’è stata, a livello epidermico, spontaneo e individuale un’opposizione che, con la guerra e le ristrettezze alimentari, è diventata coscienza antifascista».

Le Leggi fascistissime

Come dimostrarlo? Sappiamo che con le Leggi fascistissime il movimento ha fatto piazza pulita di sindacati, associazioni e giornali liberi (in Valtellina usciva solo Il popolo valtellinese che era della Federazione fascista); quindi non ci sono fonti. Ecco che Zenoni ha chiamato a testimone «un oggetto autorevolissimo e difficilmente smentibile: il fascismo stesso – prosegue -. Dovendo schedare i sovversivi per poterli controllare, il fascismo ha messo in piedi un articolato impianto burocratico».

Zenoni - dal Casellario politico centrale e dal Fondo Questura di Sondrio - ha esaminato 39 faldoni (buste, in gergo archivistico) che, per ogni nominativo, contengono cartelle con diverse segnalazioni. La persona sottoposta a sorveglianza veniva controllata ogni tre mesi.

Il confino di polizia

Tre i provvedimenti assunti dalla Commissione provinciale, in ordine di gravità: la diffida (richiamo ufficiale e formale ad evitare comportamenti politicamente o socialmente scorretti), l’ammonizione (provvedimento, di due anni di durata, di restrizione della libertà; le forze di polizia potevano irrompere in ogni momento nell’abitazione per perquisirla) e il confino di polizia (allontanamento in luoghi come le colonie o le isole nel meridione d’Italia).

In tutto 1.387 fascicoli sono un numero alto per Zenoni che ha fatto un lavoro certosino sia all’archivio di Stato di Sondrio, grazie all’aiuto della direttrice Tiziana Marino e del personale, sia all’archivio generale di Stato a Roma. E si dimostra che «il fascismo è stato il periodo più nero della storia d’Italia».

La “colorazione politica”

I servizi di polizia attribuirono una catalogazione mirante a individuare l’atteggiamento politico (chiamato “colorazione politica”) dei cittadini schedati. I raggruppamenti politici principali erano: socialisti 377, antifascisti 322, comunisti 270, sospetti in linea politica 149, sovversivi 83, anarchici 67 e così via. Meno precisa e costante la segnatura delle professioni esercitate dagli schedati, ma prioritariamente si trattava di contadini (162), seguiti per citarne alcuni da muratori (86), operai (54), manovali (50, ferrovieri (43), falegnami (42), braccianti (40), commercianti (30).

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